Il vino delle tenute Muròla dalle terre di Urbisaglia ai calici di tutto il mondo

L’intervista a Edoardo Mosiewicz Bonati

di Francesco Repupilli

Tradizione, innovazione e passione: il vino delle tenute Muròla dalle terre di Urbisaglia ai calici di tutto il mondo. Da un podere di oltre 350 ettari di proprietà della famiglia Bonati-Mosiewicz fin dalla metà del ‘600, si producono circa 300mila bottiglie di vino l’anno che incantano critici e appassionati. La cantina, guidata da Jurek Mosiewicz Bonati e suo figlio Edoardo, porta avanti il percorso degli antenati proiettandolo verso il futuro. A fine marzo le Tenute Muròla hanno ottenuto un’eccellente performance alla 34esima edizione di Mundus Vini, un prestigioso concorso internazionale tenutosi a Neustadt in Germania, al quale due rossi sono stati selezionati per la categoria gold e uno per la categoria gran gold. Un riconoscimento d’eccezione destinato solo ai migliori vini del mondo. Per conoscere la ricetta del successo, abbiamo intervistato Edoardo Mosiewicz Bonati.

Come si trasferisce in un calice una tradizione secolare legata al territorio marchigiano?
Una parte importante del nostro lavoro è capire quali sono le caratteristiche delle uve e del vino. In special modo quando si parla di autoctoni, prima di essere produttori dobbiamo essere sperimentatori. Si tratta di un percorso di studio fatto di esperimenti che può durare anni, e ognuno di questi anni è necessario ottimizzare, capire cosa si può fare ma anche tenere nota di ciò che è stato fatto, in modo da farne tesoro per l’anno successivo. A seguire questo processo bisogna poi trovare la propria firma, quindi come e quanto bisogna impattare col proprio stile. Su questo abbiamo un atteggiamento flessibile, ovvero per alcuni vini cerchiamo di essere estremamente rispettosi, limitando l’affinamento all’acciaio e valorizzando gli aromi varietali, mentre per altri guardiamo soprattutto al nostro gusto e stile. La nostra ultima limited edition “Agar” rappresenta proprio questo. Dedicata alla mia bisnonna, prima donna del centro-sud e settima in Italia a laurearsi in ingegneria, incarna a tutto tondo lo stile e il gusto della famiglia.

Jurek ed Edoardo Mosiewicz

L’interesse sta crescendo?
In generale sì. A livello di volume il mercato cresce lentamente, ma non è necessariamente un problema per il settore. I consumatori infatti sono sempre più orientati verso la qualità, ed è questo a sostenere la nostra crescita. La sfida non è più quella di produrre crescenti quantità di vino, ma di presentare prodotti di qualità e soprattutto saperli raccontare.

Come risponde il mercato estero?
Attualmente esportiamo in Canada, nei principali paesi europei, nel Regno Unito, in Cina e in Giappone. L’export rappresenta circa il 30% della nostra produzione ma è anche un mercato estremamente competitivo. Dal punto di vista territoriale, le Marche non beneficiano ancora di un’attrattiva regionale come può essere quella di altre regioni, ma c’è fermento e impegno e credo che stiamo facendo ottimi passi in avanti, sia con le istituzioni che con iniziative di rete. Credo che la direzione giusta sia stata imboccata, ma ci vorrà tempo.

Guardando al futuro, come si svecchia l’idea di vino e si intercetta interesse?
Sicuramente il vino deve cercare di uscire da un’immagine elitaria o di “snobbismo”, senza però smettere di comunicare qualità eccedendo in un approccio semplicistico o che manchi di gusto. Credo che i piccoli produttori in particolare abbiano capito l’importanza di questo concetto, ma anche i grandi marchi si stanno muovendo in questa direzione. Il modo di farlo è quindi un connubio tra strategia di comunicazione e varietà di prodotto, fornendo vini più approcciabili anche dal punto di vista giovanile ma sempre di qualità. Per sapersi raccontare anche la presenza online è diventata senza dubbio fondamentale, ma rimane centrale il rapporto diretto. In questo senso ci stiamo muovendo per realizzare, oltre ai tanti eventi annuali, anche delle strutture ricettive che faranno parte di un concept di “tenuta diffusa”, grazie alle quali sarà possibile vivere la tenuta a 360 gradi. Saranno operative il prossimo anno.

La bottaia

Gioie e dolori del mestiere?
Veniamo da tre anni problematici, i primi due causati dalla siccità e l’ultimo dalla peronospora, una malattia che attacca le foglie e che ha decimato le produzioni di gran parte del versante adriatico. Il cambiamento climatico inoltre rappresenta un’altra sfida. Riuscire a portare avanti una tradizione così importante e, in un certo senso, essere dei pionieri è senza dubbio una grandissima soddisfazione, accompagnata dalle soddisfazioni per i premi internazionali.

Il casale
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Author: redazione

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