Vecchia foto dell’Helvia Recina diventa simbolo di uno spogliatoio che non esiste più

CALCIO NOSTALGIA – Una nota pagina Facebook ha ripreso uno scatto della formazione arancione catturato pochi istanti prima dell’inizio di una partita

di Michele Raffa

Lo spogliatoio è quello di Collevario, quartiere di Macerata. Fatiscente, minuscolo, la muffa sulle pareti la fa da padrona, l’attaccapanni a stento regge i numerosi indumenti lasciati dai giocatori. Ma poco importa, c’è una partita di calcio da giocare e la mente è solo proiettata a quei fatidici novanta minuti. C’è un Francesco Moriconi alla lavagnetta che dà le ultime indicazioni ai suoi ragazzi col pennarello che a tratti smette di scrivere per la troppa umidità. E’ lo spogliatoio dell’Helvia Recina 1975 prima di una partita, a simboleggiare il clima di un calcio che fu (anche se i tempi non sono così lontani) e che man mano col tempo sta svanendo, così come accaduto alla stessa società assorbita, dopo oltre quarant’anni di storia, da un’impaziente S.S. Maceratese.

Sono trascorsi diversi anni e le stesse abitudini nello spogliatoio oggi sono simili, ma non uguali. Diversissime invece dopo la partita, quando una squadra lo “distruggeva” letteralmente, sia per una vittoria sofferta al fotofinish, sia di rabbia per una brutta sconfitta. L’habitué odierno si chiama fairplay, una “patologia” che spesso contrae la formazione ospite che in un amen sveste i panni della guerra in campo e indossa gli indumenti da imprese di pulizie. Noi, non molto tempo fa questo fenomeno lo avevamo definito “Fairplay in salsa Mastro Lindo” (leggi l’articolo). Provatelo solo ad accennare un po’ ai quei ragazzi (oggi alcuni sono signori) in foto di compiere un simile gesto. Ricevere un’imprecazione significa essere fortunati.

L’immagine, casualmente, è stata ripresa dalla pagina facebook “Non è più domenica” (leggi qui) che vanta circa 35mila like e da come si evince dal nome, tende periodicamente a raccontare il calcio di una volta. Il post per il quale è stata utilizzata la foto dell’Helvia Recina, serve proprio a rievocare quegli esterni istanti prima di una partita. Chi è avvezzo della materia li chiama “rituali” ai quali non si sfugge.

“Il mister che dice le ultime cose. Il rumore dei tacchetti che batte sul pavimento. ‘Sei o tredici?’. “Salvapelle?”. Il compagno che si pettina, quello che si concentra e quello che morsica di continuo la maglia. Qualcuno si bagna il volto, altri chiacchierano. Il capitano che passa per dare una pacca sulla spalla a tutti. Un ragazzino è all’esordio, è teso, una battuta spezza il silenzio: c’è bisogno di tirare fuori gli attributi. Il bomber della squadra è pronto, come ogni anno c’è un nuovo record da infrangere, così come il macellaio della squadra, colui che spera di ottenere qualche cartellino rosso in meno. È tutto perfetto, anche se lo spogliatoio è sporco e non c’è nemmeno abbastanza spazio per tutti. ‘Dai tirate su le borse che arriva l’arbitro!’. Qualcuno bussa alla porta, è l’omino vestito di rosa, o giallo, o nero, dipende dai giorni. All’appello non azzecca nemmeno un cognome e pensare che, alcuni, gli dicono pure grazie. Esce, sistema i documenti e intanto ci si mette tutti in cerchio, per urlare, per darsi l’ultima scarica di adrenalina prima dell’inizio. La porta rumoreggia ancora: è ora. Ricomincia la vita”.

 

 

 

 

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