Yuri Cherednik, l’uomo 14+31: da lì la grande ascesa Lube

MISERIE E NOBILTA’ – Nell’Estate del 1993 l’ingaggio dell’opposto russo in biancorosso (si giocava ancora con il cambio palla). Al suo esordio al Fontescodella palazzetto colmo, giocatore capace di regalare emozioni fuori dall’ordinario

di Andrea Verdolini

Ci fu un momento preciso nel quale ebbi la sensazione precisa che la Lube, neo-entrata nel mondo del volley, avrebbe fatto davvero le cose in grande. Era l’Estate del 1993 e con beata incoscienza quell’anima candida di Benito Raponi annunciò, con la sua pronuncia un po’ incerta, l’ingaggio di un giocatore russo, Yuri Cherednik. Chi masticava un po’ di pallavolo trasecolò…Com’è possibile che una “provinciale”, fresca fresca di promozione in A2, riuscisse a tesserare un autentico mostro sacro? In tutta franchezza io ero tra questi. Avevo visto il gigante originario della Moldavia classe ’66 (a quell’epoca l’URSS era ben salda) fare cose strabilianti a Falconara con la maglia del Centromatic Prato, una modesta compagine di A1 nobilitata però dalla presenza di un siffatto campione. Vederlo addirittura in seconda serie sembrava un peccato ma l’investimento fu ben presto ripagato. Alla prima gara casalinga della Lube Carima (si chiamava così) il Fontescodella era pieno come un uovo e di fronte non c’era Modena, Parma o Milano ma la Pallavolo Catania (!). Cherednik divenne il beniamino indiscusso del pubblico in un collettivo che comunque aveva molti altri buoni giocatori, dal centralone serbo Zarko Petrovic (prematuramente scomparso nel 2007) al “grinta” Oscar Vizzari, dal palleggiatore Giuliani, all’esperto martello Luca Milocco senza dimenticare Gobbi e Compagnucci. Yuri però illuminava tutti con la sua classe ed una forza dirompente: lo chiamavo 14+31. Era ancora l’epoca del cambio palla e questo era il suo score abituale. Beninteso era un torneo stellare, niente a che vedere con l’A2 attuale: nelle altre squadre giocavano campioni come Alekno, Tcheremisov, Van der Meulen, Kuznetsov, Kunda e tanti altri. In campo usciva esausto come Springsteen dopo le sue abituali 4 ore di concerto. Il capolavoro assoluto lo compì 2 anni dopo nella prima stagione di A1 della Lube sul campo dei “mammasantissima” della Sisley Treviso. Il mal di schiena lo tormentava, non doveva nemmeno giocare ed invece trascinò i suoi compagni con 11 punti e 19 cambi palla ad un memorabile trionfo contro la squadra dei Zorzi, Bernardi, Gardini e Zwerver ed alla fine si reggeva a malapena in piedi. Il “patron” Giulianelli sembrava morso dalla taranta assaporando un’impresa che, fosse stata compiuta oggi all’epoca delle scommesse, avrebbe fatto saltare il banco. In un’altra occasione, contro il Ravenna di Fomin, Sartoretti, Zlatanov e del povero Bovolenta, mise a terra quasi 50 palloni. Poi arrivò Zorzi e, sacrilegio assoluto, si pensò di dirottarlo a centrale. Forse capì che la sua epopea stava volgendo al termine e dopo aver girovagato un po’ per il Bel Paese torno in Patria. In chi ha buona memoria ha lasciato però un ricordo indelebile: era davvero l’ultimo ad arrendersi e se fosse stato in trincea, prima di morire, avrebbe lanciato verso il nemico la stampella, proprio come Enrico Toti.

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