Ben 1100 “badanti” hanno lasciato i territori colpiti dal sisma
Nel nostro ordinamento gli anziani sono inseriti all’interno della cosiddetta categoria di soggetti deboli e negli anni si sono affermati diritti e strategie di tutela sempre maggiore nei loro confronti. Ma pochi parlano di cosa comporta a livello mentale una catastrofe come il terremoto del 2016.
A fare il punto della situazione a due anni dal sisma, è Marco Trabucchi dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria in un articolo pubblicato sul Corriere Salute.
Le persone anziane sono le più fragili. Molti studi hanno dimostrato che un semplice mutamento dei rapporti in famiglia comporta nell’anziano una profonda sofferenza da cui potrebbe scaturire una malattia o aggravarne una già presente. Pochi raccontano come, al di là dei decreti e delle strategie, gli anziani provano a superare la perdita della propria casa o dei propri familiari.
Numerose fonti hanno riferito che nelle tendopoli e negli altri luoghi di fortuna la vita è sempre più critica con il passare dei giorni, anche perché il maltempo impedisce qualsiasi uscita all’esterno. Provate ad immaginare come possa sentirsi una persona affetta da demenza all’interno di un luogo che non riconosce, circondata da gente sconosciuta, sorpresa da qualunque tipo di rumore. Sono persone non autosufficienti che hanno bisogno essere seguite costantemente con pazienza, ma spesso ciò non accade perché chi si prende cura di loro, ha a sua volta bisogno di qualcuno che si prenda cura di lui.
Secondo alcune rilevazioni, le persone affette da demenza che abitavano nei luoghi del sisma sono circa 800; non si tratta quindi di un fenomeno marginale, ma di una situazione che richiede attenzioni specifiche. Inoltre, da alcune valutazioni si evince che ben 1100 “badanti” hanno lasciato i territori colpiti dal sisma e abbandonato gli anziani di cui si prendevano cura per paura di altri terremoti. Ben undici badanti sono morte nel sisma. Per non parlare dei danni profondi che hanno subito le residenze locali per anziani.
Una situazione certamente critica che va a gravare ancor più su queste zone del centro Italia che, a distanza di due anni, fanno fatica a far riprendere il tessuto sociale e produttivo locale.