Sunrise ora ha una casa: la storia a lieto fine di un “senza dimora”

Scoperto che aveva una sorella in Italia che non poteva più contattarlo perché il quarantenne non aveva più un telefono

Una storia a lieto fine. Su una panchina degli orti Pace a Jesi da diverso tempo “viveva” un ragazzo. E’ Sunrise (nome di fantasia), camerunense poco più che quarantenne, reso fragile dalle precarie condizioni di salute aggravate dalla condizione di senza dimora. A raccontare questa storia è Maria Pina Masella, dell’area inclusione sociale dell’Asp Ambito 9.


“Ci sono due modi di aiutare la persona senza dimora: offrire cibo, coperte, una doccia e un letto temporaneo in un centro di accoglienza. L’altro modo è quello di offrire tutto questo e nel frattempo occuparsi di lui, di quei bisogni che stanno a un gradino più alto della piramide. Non sempre è facile e in questo caso era molto difficile. Sunrise non si fidava, non voleva essere aiutato o così ci era sembrato. Dalla panchina ha cominciato a spostarsi in altre zone di Jesi e poi ad Ancona e di nuovo a Jesi. Un continuo fuggireracconta la donna – Così un giorno ci siamo seduti attorno a un tavolo abbiamo cominciato a occuparci davvero di lui. Ognuno per la sua parte. Abbiamo iniziato a fare ricerche sulla sua vita, partendo dalla città di residenza, passando per le città, gli ospedali e le Caritas da cui è passato. Una vita in giro senza riuscire a fermarsi mai, senza riuscire a curarsi e ad avere una vita normale. Abbiamo scoperto che aveva una sorella in Italia che non poteva più contattarlo perché Sunrise non aveva più un telefono“.

“Nel frattempo, mentre cercavamo di capire, Sunrise sembrava scomparso – continua Maria Pina Masella – Fino all’altro giorno quando,
tramite la Polizia locale di Jesi, veniamo a sapere che Sunrise era stato fermato dalla Polizia locale di Ancona. Al comando si è mostrato ancora più fragile, non sembrava nemmeno più arrabbiato. Forse era solo molto stanco. Abbiamo chiesto alla Polizia locale di non lasciarlo andare mentre avremmo avvisato la sorella, che vive con la sua famiglia in Valle d’Aosta, e l’avremmo messa in contatto con lui. E così è stato. Sunrise e la sorella si sono parlati, dopo tanto tempo. La sorella gli ha detto che lo avrebbe accolto per aiutarlo a curarsi. Sunrise ha detto sì. E da lì in poi è stata una corsa contro il tempo, una staffetta per organizzare il viaggio, per paura che si sarebbe allontanato e lo avremmo perso di nuovo”.

“La Caritas di Jesi ha acquistato il biglietto del treno e un’operatrice della Caritas di Ancona si è recata presso la Polizia locale per consegnarglielo – conclude – La paura che non riuscisse ad affrontare il viaggio, così lungo, era tanta. Ma il giorno dopo abbiamo esultato. Sunrise era arrivato dalla famiglia di sua sorella in Valle d’Aosta che si è subito attivata per proteggerlo e curarlo. Questa bella storia è il risultato di una squadra che ha funzionato, che è andata oltre il “barbone che bivacca su una panchina”, che ha guardato la persona e non solo la sua condizione”.

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