“No alla mercificazione dello studio. E’ un attacco al sistema pubblico”
Gulliver Udu Ancona, Udu Urbino, Officina Universitaria, Adi – Associazione Dottorandi e Dottori di ricerca in Italia e ADI Macerata, si oppongono “con estrema fermezza all’apertura di corsi di laurea nel territorio marchigiano da parte dell’università privata Link Campus University, ateneo for profit già noto per il suo modello ibrido’ che bypassa attraverso cavilli normativi le regole previste per le università telematiche”. “Si tratta – secondo le associazioni rappresentative degli universitari – dell’ennesimo attacco al sistema universitario pubblico regionale a vantaggio di realtà orientate al profitto, che calpestano il diritto allo studio e il principio di una formazione accessibile a tutti”.
“A rendere possibile questo ingresso la decisione del Ministero – proseguono – di rendere non vincolante il parere della Crum (Conferenza regionale universitaria delle Marche) per l’apertura di nuovi corsi sul territorio regionale, un mossa calcolata nei minimi dettagli per svuotare il ruolo delle università pubbliche locali, incapaci di opporsi efficacemente. L’ombra della politica nazionale è sempre più evidente, con tempistiche che coincidono con le elezioni regionali e pressioni esplicite da parlamentari del destracentro come Castelli e Carloni, fedelissimi del governatore Acquaroli”.
“Ancora una volta, – scrivono ancora le Associazioni – mentre il diritto allo studio è messo sotto attacco da tagli sistematici ai finanziamenti – vedasi il recente taglio di oltre mezzo miliardo di euro dal Fondo di Finanziamento Ordinario, che ha già indebolito numerosi atenei, special modo della nostra regione, comportando tagli alla ricerca e al numero delle borse di dottorato -, l’arrivo di atenei for profit e telematici viene agevolato, aggravando una situazione critica.
Mentre il fine ultimo degli atenei pubblici è la formazione, – affermano – quello di atenei-azienda come la Link Campus University è il profitto, perseguito attraverso un modello di business basato sulla ‘vendita’ di titoli di studio e orientato alla mercificazione della formazione superiore e della ricerca, a scapito della qualità e dei principi di libertà didattica e di ricerca”.
“La percezione dei titoli come beni di consumo si traduce in una competizione distorta: gli stessi atenei pubblici, per far fronte alla crescente popolarità di queste università, – lamentano gli universitari – aprono corsi con alta percentuale di didattica a distanza, svalutando l’offerta formativa tradizionale. Un’istruzione universitaria di qualità deve riaffermare la centralità della didattica in presenza, integrata da strumenti innovativi, non sostituita da essi.
La politica nazionale e locale deve assumersi le sue responsabilità e intervenire con investimenti massicci negli atenei pubblici regionali. – chiedono le associazioni – Basta con scelte ambigue e compromessi al ribasso: servono risorse ingenti per garantire una ricerca libera e di eccellenza, un diritto allo studio reale e un sistema universitario basato sulla qualità e sull’accessibilità, non sul profitto di alcuni enti. È il momento di decidere: o si difende il futuro dell’università pubblica o si sceglie di svenderlo in favore di interessi privati. Noi sappiamo da che parte stare”.
