A scatenare il terremoto del 26 novembre in Albania è stata una faglia lunga 85 chilometri che si estende da Nord-Ovest e Sud-Est fra le città di Durazzo e Lushnje e che non si è completamente attivata.
Emerge dalle analisi dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). La faglia “appartiene alle strutture responsabili della deformazione e accavallamento dei sedimenti che costituiscono il nucleo della catena delle Albanidi”. Si ritiene che una faglia simile abbia causato, sempre in Albania, il terremoto di magnitudo 5,8 del 21 settembre scorso. Secondo i sismologi gli effetti del terremoto “potrebbero essere stati amplificati dalle condizioni geologiche della regione”. Qui si trovano infatti bacini di sedimenti non consolidati, nei quali l’ampiezza delle onde sismiche può aumentare anche di 4 o 5 volte rispetto a quella che si avrebbe in un suolo roccioso e consolidato. Le scosse successive alla principale, la cui magnitudo è stata ricalcolata in 6,2, risultano al momento almeno 70. Di queste sono state circa 50 di magnitudo compresa fra 3 e 4, dieci di magnitudo fra 4 e 5 e restano ferme alle tre registrate ieri quelle di magnitudo superiore a 5.
Si aggiungono inoltre il terremoto di magnitudo 5,3 avvenuto ieri in Bosnia-Erzegovina e quello di magnitudo 6 con epicentro non lontano dall’isola di Creta (Grecia) avvenuto alle ore 8:23 di oggi.
Ha sollevato il suolo di circa 10 centimetri vicino alla città di Durazzo, il terremoto di 6.2 di ieri. Lo indicano le immagini radar riprese dai satelliti Sentinel-1 del programma europeo Copernicus di Agenzia Spaziale Europea (Esa) e Commissione Europea, analizzate dai sismologi dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). I Radar ad apertura sintetica (Sar) hanno permesso di misurare la deformazione del suolo, come è accaduto per i terremoti del 2009 a L’Aquila, del 2012 in Emilia Romagna e del 2013 in Lunigiana. La deformazione è stata misurata dalla piattaforma online Geohazard-tep, sviluppata dall’Esa, utilizzando una coppia di immagini radar acquisite dai satelliti Sentinel-1 dalla stessa posizione, prima e dopo il terremoto. Il confronto fra le due immagini ha permesso di ottenere un interferogramma, ossia la mappa dello spostamento del suolo. Questa è stata ottenuta anche sulla base del segnale elettromagnetico emesso dal satellite, riflesso dalla superficie terrestre e catturato dal sensore, che nell’immagine ottenuta viene rappresentato con diversi cicli di colore. Ogni ciclo (o frangia) rappresenta uno spostamento della superficie terrestre lungo la linea di vista del satellite di mezza lunghezza d’onda del segnale emesso.
