Il giovane atleta di Casette Verdini, quattro volte campione italiano, racconta la sua ascesa tra sacrifici, passione e grandi obiettivi futuri
Simone Buratti, venticinquenne di Casette Verdini, è un talento straordinario della kickboxing, con ben quattro titoli italiani al suo attivo. Lo abbiamo sentito per scoprire il suo percorso e capire come sia riuscito a diventare uno dei migliori in questo sport: “A 12 anni ho iniziato a praticare sport da combattimento in una palestra a Casette Verdini. Nel corso di questi 13 anni, mi sono avvicinato a diverse discipline, dalla lotta libera al pugilato, che ho fatto per due anni durante il Covid, e poi la kick boxing, che è quella su cui mi sono concentrato principalmente”.
Ad oggi, quali sono i momenti che più ti sono rimasti impressi della tua carriera?
“Ricordo con molto affetto il periodo in cui ho praticato pugilato a Macerata. Poi sicuramente tutti ciò che è avvenuto da quando avevo 16 anni in poi, poiché ci sono stati diversi combattimenti significativi. Ho capito che il livello si stava alzando davvero quando nel 2019 ho vinto per la prima volta il campionato italiano di kick boxing. Da lì ho iniziato a fare delle Coppe del mondo all’estero e anche il primo mondiale nello stesso anno”.
Quali sono state le competizioni più importanti a cui hai partecipato durante il 2024?
“È stato un anno particolare, perché a Febbraio sono partito per la Spagna, dove sono rimasto sei mesi per svolgere l’Erasmus. Devo ammettere che quando sono tornato due settimane in Italia per combattere i campionati italiani è stato impegnativo. Ma sono comunque riuscito a vincere due incontri su due. Una volta tornato definitivamente dalla Spagna, ho preso parte al secondo raduno con la nazionale italiana, che si è svolto come di consueto nelle Marche. La prima settimana di Novembre si è invece svolto in Grecia il campionato europeo, da cui appunto sono appena rientrato”.
A livello di allenamento, quali sono gli aspetti più impegnativi?
“Per me, una delle principali difficoltà sta proprio nel fatto che, essendo uno sportivo di alto livello, nella provincia di Macerata non ci sono molti atleti con cui confrontarmi. Quando sono tornato ad Agosto, mi sono allenato molto da solo, anche perché molta gente si trovava in ferie in quel periodo; poi, per rientrare un po’ in modalità campionato sono andato ad allenarmi in Olanda, dove si trovava un mio caro amico. Infine, ho concluso la preparazione allenandomi a Cupra Marittima, anche se questo significava dover affrontare un viaggio di un’ora all’andata e un’altra al ritorno, pur di raggiungere l’allenatore della nazionale italiana che mi avrebbe accompagnato al campionato europeo. Dal 2019 ho cambiato diverse palestre, spostandomi spesso. Per una stagione mi sono preparato a Pescara, sostenendo tutte le spese da solo, visto che non ho sponsor. Poi, con il trasferimento a Urbino per l’università, ho avuto modo di allenarmi molto anche lì”.
Qual è l’aspetto della kick boxing che ti appassiona di più?
“È uno sport bellissimo perché ti costringe a metterti in gioco. Quando ti alleni, non puoi fermarti, nemmeno volendo, perché se lo fai la persona che è davanti a te prenderà il sopravvento. Ti insegna molto ad essere resiliente”.
Quanto lo sport ha influenzato la tua vita fuori dal ring?
“Tantissimo. Prima di iniziare, ero un ragazzo un po’ sottopeso e non ero assolutamente un bravo studente. Senza dubbio, lo sport mi ha dato tanta fiducia in me, portandomi a migliorare anche dal punto di vista scolastico. Tantoché, dopo essere uscito dalle superiori con un ottimo punteggio, mi sono iscritto all’Università, laureandomi con 110. E adesso addirittura sto completando la Laurea Magistrale in biologia della nutrizione. Lo sport mi ha insegnato a non mollare in ogni ambito, dando i suoi frutti anche in maniera inaspettata”.
Prossimi obiettivi?
“Con la nazionale ci siamo lasciati con l’intenzione di partecipare alla Coppa del mondo che si svolgerà a Jesolo. Poi sto terminando le ultime cose in vista della seconda laurea. Quindi il focus è principalmente su questi due impegni, oltre che sul prossimo campionato nazionale. Inoltre, ho iniziato il corso da istruttore perché vorrei iniziare ad insegnare qui nelle Marche. E sempre con la nazionale ci siamo ripromessi di vederci più spesso, perché le competizioni Wako che affrontiamo, ossia quelle dell’Organizzazione mondiale della kick boxing, presentano un livello veramente alto. Sulla carta sono dilettantistiche, ma abbiamo incontrato spesso atleti stranieri professionisti di grande spessore, più che stipendiati dalle squadre nazionali. L’Italia sta un po’ nel mezzo: non stipendia gli atleti, ma copre tutte le spese del torneo. Però arrivare fino in fondo in un torneo del genere è molto difficile. Dipende sicuramente molto dal modo in cui ti alleni e dai compagni. Per questo, tra maestri e atleti, abbiamo proposto di organizzare più raduni e di partecipare il più possibile alle competizioni internazionali che si svolgono nel corso dell’anno. Siamo anche alla ricerca di qualche sponsor che ci aiuti a fare tutto ciò”.
Cosa consiglieresti a chi si vuole approcciare a questo sport e magari diventare un campione come te?
“Di farlo con leggerezza, senza pensare di voler diventare un campione a tutti i costi. Io mi ci sono avvicinato per gioco, poi non mi sono più fermato e i risultati sono iniziati ad arrivare. Quando non ti arrendi, alla fine riesci a sfondare quel muro”.
Author: Angelica Mancini
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