Sfruttano 17 connazionali facendosi restituire parte dello stipendio e facendoli lavorare 16 ore al giorno: in manette sei pakistani

Le vittime erano state impiegate in imprese italiane operanti nel settore della componentistica per impianti d’irrigazione a Sant’Angelo in Vado, Lunano e Senigallia

La Guardia di Finanza di Urbino e i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Pesaro, nell’ambito dell’operazione denominata “Capestro”, hanno scoperto un sistema d’impiego di lavoratori in condizioni di sfruttamento attuato da una società cooperativa pesarese, operante nel settore del facchinaggio e dell’assemblaggio, gestita da sei soggetti pakistani, indagati per il reato d’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Uno degli arrestati è residente a Porto Recanati ed è stato fermato all’aeroporto di Fiumicino al suo rientro in Italia. Durante la perquisizione nella sua abitazione è recuperato e sequestrato il “libro mastro” della contabilità in nero sulle reali retribuzioni rispetto a quella formalmente corretta dei contratti regolarmente sottoscritti e registrati. Da tale libro i finanzieri hanno avuto un riscontro oggettivo alle ipotizzate condizioni di sfruttamento.

Le attività investigative sono state coordinate dalla Procura della Repubblica di Urbino, a seguito di un esposto presentato da un’associazione sindacale: la Procura della Repubblica di Urbino ha avanzato al GIP la richiesta di Ordinanza di misure cautelari personali nei confronti dei sei indagati nonché una misura cautelare reale di sequestro preventivo al fine di assicurare alla giustizia anche le somme ed i proventi illecitamente ottenuti con l’attività delittuosa.

Le indagini, iniziate a fine 2018, hanno impegnato i militari della Guardia di Finanza e dei Carabinieri con riscontri documentali, appostamenti, pedinamenti, acquisizione d’informazioni da testimoni, indagini patrimoniali e finanziarie, e con accessi ispettivi anche presso le aziende coinvolte a cura dei Carabinieri del Reparto Speciale con la qualifica di Ispettori del Lavoro. I militari hanno così accertato che i sei soggetti di nazionalità pakistana, costituendo una società cooperativa, avevano assunto e sottoposto a sfruttamento lavorativo 17 connazionali impiegandoli presso imprese italiane operanti nel settore della componentistica per impianti d’irrigazione a Sant’Angelo in Vado, Lunano e Senigallia. Le 17 vittime, indotte ad accettare accordi prima dell’assunzione, erano costrette a restituire parte della retribuzione mensile, formalmente corretta, sotto minaccia di licenziamento.​

I Carabinieri ispettori del lavoro ed i Finanzieri hanno infatti accertato che la compilazione e la consegna delle buste paga nonché l’accredito dello stipendio erano formalmente regolari e in linea con le previsioni del contratto collettivo nazionale di categoria: i lavoratori percepivano in realtà 5 euro l’ora invece dei 9 previsti, con un orario giornaliero medio di 10 ore che, in alcuni casi, poteva raggiungere addirittura le 16 ore di lavoro consecutive, poiché dopo l’accredito dello stipendio dovevano restituire in contanti somme variabili da i 200 a i 600 euro. Inoltre, i carabinieri hanno appurato una sistematica violazione delle norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro.

I lavoratori, privati del riconoscimento di periodi feriali, tredicesima, indennità, infortuni e malattie, venivano anche sanzionati in caso di banali inadempienze attraverso la decurtazione dello stipendio, mentre il trattamento di  fine rapporto previsto in caso d’interruzione o cessazione dell’impiego veniva loro sistematicamente negato, sempre tramite la restituzione in contanti delle somme regolarmente accreditate. Le vittime, molte richiedenti protezione internazionale, versavano tutte in stato di estremo bisogno: avevano la necessità di lavorare per inviare denaro ai familiari in  Pakistan oltre che per provare  ad ottenere un permesso di soggiorno con un regolare contratto lavorativo.

Le prove raccolte dagli organi inquirenti e la proposta avanzata dalla Procura della Repubblica di Urbino hanno così indotto il GIP del Tribunale di Urbino a disporre l’esecuzione di una misura cautelare agli arresti domiciliari nei confronti di quattro soggetti e la misura dell’obbligo di dimora nei confronti di altri due.

Il Giudice, infine, sulla base degli elementi forniti dalla Guardia di Finanza che ha raffrontato quanto indicato nelle buste paga con quanto effettivamente percepito, ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto del reato pari a 157mila euro nei confronti di tutti gli  indagati e l’affidamento della società cooperativa ad un amministratore giudiziario, per garantire la continuità aziendale e la tutela dei lavoratori.

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