Operazione “Colorful Mask”. Le mascherine evidenziavano una percentuale di filtrazione di gran lunga inferiore a quella dichiarata
Le Fiamme Gialle della Tenenza di Senigallia hanno concluso, nelle scorse settimane, sotto il
coordinamento delle Procura della Repubblica di Ancona e Fermo, una vasta attività investigativa che ha permesso d’individuare l’immissione in commercio sull’intero territorio nazionale di un rilevante numero di mascherine tipo FFp2 non conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea.
L’indagine trae origine da alcuni controlli volti alla verifica dell’osservanza delle disposizioni di legge sulla commercializzazione dei dispositivi medici e di protezione individuale e al contrasto delle pratiche commerciali scorrette, durante i quali i finanzieri di Senigallia individuavano presso alcuni punti vendita la presenza di mascherine tipo “FFP2”, tutte riferibili al medesimo importatore dalla Cina, che erano prive, sulla confezione, dell’indicazione del sito internet da cui poter scaricare il certificato di conformità del previsto marchio “CE”, così da poterne accertare la regolarità.
Individuato l’importatore delle mascherine, una società avente sede nel fermano gestita da un soggetto di origine cinese, sono state avviate approfondite indagini tese a ricostruire l’intera filiera distributiva, all’esito delle quali l’Autorità Giudiziaria ha disposto diverse perquisizioni locali e il sequestro dei predetti DPI su tutto il territorio nazionale, con il
coinvolgimento di ottanta Reparti della Guardia di Finanza con l’impiego di oltre duecento militari.
Durante le operazioni di perquisizione, eseguite presso l’importatore e presso i punti vendita individuati, sono state sequestrate oltre 1.110.000 mascherine tipo FFp2 e documentazione contabile e tecnica fornita a corredo delle importazioni effettuate.
Le successive analisi di laboratorio disposte dall’Autorità Giudiziaria ed eseguite sui DPI sequestrati, evidenziavano una percentuale di filtrazione di gran lunga inferiore a quella dichiarata dal produttore e pertanto non rientrante nei parametri consentiti dalla normativa europea di riferimento. Analoghi risultati di non conformità giungevano all’esito dell’analisi documentale eseguita sui certificati di conformità esibiti dalla società fermana a corredo della relativa fornitura.
Al termine delle operazioni il rappresentante legale della società fermana risultata importatrice dei DPI non conformi, è stato denunciato per il reato di cui all’art. 14 comma 1 lettera c) del D.Lgs.475/1992 che prevede, tra l’altro, la pena dell’arresto sino a sei mesi.
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