Perquisizioni in cinque abitazioni di cacciatori. Un giro d’affari annuo di circa 20.000 euro
Traffico illegale di uccelli da richiamo. Nei giorni scorsi i Carabinieri Forestali del Nipaaf e del Nucleo Cites di Ancona hanno eseguito diverse perquisizioni ed ispezioni delegate dalla Procura della Repubblica di Ancona presso i domicili di un allevatore e 5 cacciatori residenti nelle regioni Marche ed Umbria, finalizzate a contrastare un presunto traffico di uccelli da richiamo per uso venatorio.
Le indagini, scaturite da una estesa campagna di controlli contro i traffici illeciti di animali, hanno dapprima consentito di accertare, a carico di un allevatore residente in Provincia di Ancona, la presenza di 43 uccelli da richiamo appartenenti alla famiglia dei turdidi (tordi, merli e cesene), i quali risultavano detenuti abusivamente poiché identificati da anelli sulle zampe manomessi ed alterati nella loro forma e dimensioni. Le indagini, successivamente, hanno permesso di accertare la vendita illecita di 41 uccelli da richiamo a carico di 5 cacciatori residenti in Provincia di Ancona e Perugia, apparentemente ignari di aver ricevuto uccelli di provenienza illegale.
Un giro d’affari annuo di circa 20.000 euro, considerato che l’allevatore risultava commercializzare circa 200 esemplari all’anno, ad un prezzo compreso tra i 50 e i 200 euro l’uno.
Le indagini ulteriori e successive sono state infine incentrate sulla verifica del benessere degli animali; con l’aiuto di un medico veterinario esperto nel settore, sono state eseguite ispezioni che hanno consentito di accertare che numerosi volatili venivano costretti a vivere in gabbiette di dimensioni non idonee e contaminate da escrementi. Le gabbiette in cui gli esemplari erano costretti a vivere non consentivano agli uccelli di volare e comunque non garantivano le necessarie condizioni di benessere animale.
A chiusura delle indagini preliminari l’allevatore indagato è stato denunciato per i reati di maltrattamento degli animali, detenzione e commercio di fauna selvatica in violazione della legge n. 157/1992, contraffazione di sigilli di Stato e frode nell’esercizio del commercio e rischia pene che vanno da uno a cinque anni di reclusione.