MISERIE E NOBILTA’ – L’epopea di una squadra indimenticabile
di Andrea Verdolini
Esattamente trent’anni fa lo sport marchigiano toccò, forse, il suo apice. Pesaro infatti visse una notte indimenticabile vincendo il suo primo scudetto del basket strappandolo alla “magna” Olimpia Milano. Fu davvero il trionfo della provincia, sin lì frustrata salvo le nobili eccezioni di Cantù e Varese, sulla “prepotenza” metropolitana, della lungimiranza di un Patron come Walter Scavolini e dalla sana pazzia del suo allenatore Valerio Bianchini. Già… solo il “vate” di Torre Pallavicina poteva stravolgere una squadra comunque ottima “tagliando” nientepopodimeno che Greg Ballard ed Aza Petrovic (il fratellone del mitico Drazen) che per tutta risposta, fiutando la conclusione anticipata della sua esperienza pesarese, sfoderò una prestazione monstre contro Livorno mettendo a referto 45 punti (!). Più che coraggio era necessaria una quantità spropositata di incoscienza ma il coach tornò dagli States con due “cioccolatini”, Darren Daye e Darwin Cook ed al vecchio hangar di Viale dei Partigiani (sempre sold out, a prescindere dall’avversario) iniziò il D&D Show. Una delle prime vittime fu la Snaidero Caserta, allora molto in voga (tra le sue fila Generali, Donadoni, un cecchino infallibile come Oscar Schmidt e Nando Gentile) travolta 120-103 con giocate da Harlem Globetrotters. La Scavolini era diventata una sorta di macchina micidiale con meccanismi che funzionavano alla perfezione offrendo uno spettacolo assoluto: attorno ai due colored e con l’illuminata regia di Andrea Gracis, divertivano e facevano divertire Ario Costa, Walter Magnifico ma anche Mimmo Zampolini, Renzo Vecchiato e pure Peppe Natali, quando cioè la classe operaia può andare davvero in Paradiso. Nella semifinale playoff contro la DiVarese passò alla storia una palla sangiunosa scippata da Cook nei secondi conclusivi sino ai match decisivi contro la Tracer, ossia l’”impero” milanese con tutte le sue stelle ossia Mike D’Antoni, Lorenzo Premier, Rickey Brown, Riccardo Pittis, Roberto Premier e soprattutto Bob Mc Adoo. Non c’era più Dan Peterson in panchina, lasciata in eredità al suo secondo Franco Casalini e, tanto per gradire l’Olimpia, era fresca fresca di conquista della Coppa dei Campioni. Quella Scavolini però era oggettivamente imbattibile e dopo aver vinto gara uno e gara due a Milano, arrivò la consacrazione la sera del 19 Maggio ’88 con il famoso dito indice di Magnifico puntato su D’Antoni a terra e la bomba di Ario Costa a fil di sirena che decretò il 97-88. Da quel momento, nella città di Rossini, avvennero cose impensabili concluse con la più grande maxitavolata della storia: roba da Guinness dei Primati. Poi arrivò la stagione della monetina, quelle 100 lire mai trovate in testa a Meneghin che costarono uno scudetto ed il secondo tricolore del ’90. Quel gruppo che devastò la pallacanestro italiana vinse infinitamente meno di quanto meritasse ed andò ad un passo dalla sua impresa più epica, quella di battere una squadra Nba, ossia i New York Knicks, sarebbe stata la prima volta assoluta per una compagine europea. Stu Jackson, l’allenatore degli yankee dichiarò allo storico addetto stampa Elio Giuliani che se avesse perso non sarebbe potuto tornare a casa. Poco male: quella Scavolini, nella storia, ci entrò ugualmente, e dalla porta principale.
