ANNIVERSARIO – Il 14 febbraio del 2004, a Rimini, veniva trovato privo di vita il corpo del campionissimo
di Andrea Verdolini
Le date sono importanti ed il mondo, non solo sportivo, ricorda oggi i 15 anni dalla scomparsa di Marco Pantani, morto in solitudine in un residence di Rimini proprio il giorno di San Valentino del 2004. In realtà “il Pirata” iniziò, traumaticamente, il suo distacco dall’ambiente sportivo in un giorno tristissimo, il 5 Giugno del 1999. Stava letteralmente dominando il Giro d’Italia quando, alla vigilia della penultima tappa, gli fu riscontrato un ematocrito superiore al limiti allora previsti dall’Uci (Unione Ciclistica Internazionale). Fu, purtroppo, l’inizio della fine e lo straordinario scalatore romagnolo, sempre rinato anche dopo gravissimi infortuni, iniziò una parabola discendente, umana e sportiva che non si arrestò più. Su quell’episodio è stato detto e scritto di tutto: si prese spunto dalle parole del noto bandito degli anni ’70 Renato Vallanzasca il quale dichiarò che in carcere un esponente di un clan camorristico gli consigliò di puntare forte contro i suoi avversari, nonostante la netta supremazia di Pantani che mai sarebbe arrivato in rosa a Milano. La Procura di Forlì si mise al lavoro ascoltando decine di test ma “gli elementi acquisiti non sono idonei ad identificare gli autori dei reati ipotizzati”, scrisse il Pubblico Ministero. Altri accennarono a “poteri forti” del mondo ciclistico e non solo che avrebbero “fatto pagare” a Marco qualche sgarbo fuori programma. In fondo stava iniziando l’era del dominio di Lance Armstrong e del doping scientifico programmato a tavolino ed il texano, assistito dal tristemente noto dottor Ferrari, proprio nel Luglio di quell’anno vinse il suo primo Tour de France. Solo voci però, sussurri, ipotesi e, ai margini, la straordinaria determinazione di Mamma Tonina che non si arrenderà mai fino al momento in cui si giungerà, forse, alla verità. L’unica soddisfazione, in tanti anni, che ha ottenuto è che il figlio non è caduto nell’oblio, come troppe volte capita nello sport e non solo. Pantani è diventato un’icona con le sue incredibili progressioni, la sua bandana gettata al vento nel momento dell’attacco, la sua affabilità. Riuscì a far reinnamorare un Paese intero verso quel ciclismo devastato da scandali ed ordini d’arrivo totalmente provvisori e spesso riscritti dai Giudici e dai tribunali. Fu una ventata di sana genuinità in un ambiente marcio come inequivocabilmente dimostrarono i 7 Giri di Francia revocati ad Armstrong e successivamente al suo scudiero pentito Landis (di fronte all’evidenza si arresero anche i loro potenti amici a stelle e strisce). Pantani non vide tutto questo: morì nel modo più triste vittima, dicono i reperti ufficiali, di un overdose di stupefacenti e forse, anche dello sport business.
Author: Alessandro Molinari
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