Sulle tavole marchigiane non possono mancare la pizza di formaggio, i calcioni, la coratella di agnello e la frittata alla metnuccia
di Marica Massaccesi
Dopo il Natale, è arrivato il momento della Pasqua. Le tavole marchigiane sono pronte ad arricchirsi con tante prelibatezze. Come sempre a far da padrone è la tradizione marchigiana. Il must have pasquale è senza dubbio la pizza di formaggio, consumata oramai in tutta Italia. Ma le sue origini si trovano proprio nelle Marche. Sembra essere il Monastero di Santa Maria Maddalena di Serra de’ Conti, il luogo in cui nel tardo Medioevo, ha preso parte per la prima volta la preparazione di questo prodotto. Secondo la tradizione la pizza di formaggio veniva preparata tra il Giovedì e il Venerdì Santo e non poteva essere mangiata fino al giorno di Pasqua, momento in cui finiva la Quaresima e di conseguenza il digiuno. Ottima da gustare con i salumi. In particolare con il ciauscolo. Originario di Visso, nel dialetto maceratese “lu ciausculu”, ossia il budello gentile del maiale è rinomato per la sua morbidezza e la sua facilità nell’essere spalmato. Non c’è pizza di formaggio senza fava e pecorino che arricchiscono la tavola pasquale.
A seguire i calcioni. Preparati nell’entroterra marchigiano, cambiano nome a seconda degli ingredienti e dei dialetti: cacioni, caciuni, piconi e caciù. I calcioni sono dei ravioli ripieni di pecorino, limone e uova. Fra Cingoli e Apiro variano le dosi degli ingredienti, mentre a Treia, al posto del pecorino viene usata la ricotta, e il ripieno si fa più cremoso.
Sulle tavole di Pasqua ci sono anche la coratella di agnello e la frittata alla mentuccia. La coratella, nome che indica le interiora dell’agnello, si cucina in umido oppure con vino bianco e cipolla e rappresenta un piatto della cucina povera marchigiana. Nelle campagne marchigiane è facile trovare la mentuccia e questa erba selvatica è il principale ingrediente per preparare la frittata pasquale.
