Mario Monachesi, il poeta che amava Macerata: una perdita grave per l’identità culturale del territorio


Un artista a 360 gradi, innovativo, impegnato a comunicare con efficacia sui mass media tradizioni antiche e dimenticate, è morto a 69 anni all’hospice di San Severino: il ricordo

di Maurizio Verdenelli


L’avevamo compreso entrambi quella mattina afosa post ferragostana, quando ci lasciammo. Non ci saremmo più rivisti dopo oltre quarant’anni di condivisioni e d’amicizia vera. Ci eravamo in effetti riconosciuti appena, e solo dalla voce in quella stanza del day hospital di Medicina a Macerata. Non era mutata la tua voce, Mario, forse il tuo bell’aspetto appannato dalla indomita lotta contro la malattia, in quell’estate, l’estrema stagione del nostro scontento.

Ora lo so, perchè ieri mentre ti spegnevi senza che nulla io allora sapessi insistentemente, inconsapevolmente risuonavano dentro di me quelle tue parole del nostro ultimo incontro, l’agosto scorso. “Sta’ botta non la racconto”. E le infermiere dell’ospedale di Macerata che bene ti conoscevano,  amorevolmente ti confortavano: “Ma no, Mario: non dire così! Guarirai”.

Ci siamo parlati tutta la mattinata tra le tue molteplici telefonate, soprattutto alla tua adorata figlia Chiara, poi all’amica signora Fermanelli, pittrice, di cui curavi esposizioni e percorso artistico. E che poi ti portò la colazione che le avevi chiesto al caffè appena fuori dell’ospedale. Tua madre Arduina ti attendeva a casa, una volta dimesso, la vostra bella casa tra il verde a Madonna del Monte tra la bella chiesa e la storica villa Caraffa.

Oggi Macerata piange la scomparsa di Mario Monachesi: la poetica, l’arte, la vocazione artistica, l’anima stessa legate al capoluogo. Terre e boschi della dilettissima Madonna del Monte erano le sue spirituali, poeticissime ‘Termopili’. Quante battaglie a difesa. Strenua. Lo ricordo, lui ancora dipendente comunale, in redazione al ‘Messaggero’ che dirigevo. Battaglie vinte che gli aprirono scenari piu’ ampi alla sua vocazione poetica. Generosissima e la convinzione di utilizzare, dopo il giornale romano, qualsiasi palcoscenico e mass media per comunicare e dar sentire la sua voce. A cominciare dall’associazione ‘La Rucola’ e il ‘magazine’ mensile (sullo stile del toscano ‘Vernacoliere’) nati entrambi dalla collaborazione con Fernando Pallocchini, anch’egli ‘figlio’ di Madonna del Monte. Poesie scritte e poesie visive, pittura -importante il suo sodalizio con il grande Silvio Craia- l’impegno appassionato per trasmettere tradizioni, storie e valori della sua amatissima terra maceratese. Che gli hanno meritato il Premio dell’Adriatico e l’inserimento nell’antologia europea: Alchemy of poetry.

Un poeta-contadino? Un poeta-usciere? dato il suo lungo servizio in Comune, dove si era presentato con il vestito della festa, il bianco che aveva accresciuto la propria naturale eleganza, sempre con il bel sorriso sulle labbra come gli aveva raccomandato la prima volta mamma Arduina che l’ha accudito sino alla fine dopo la morte dell’amatissima moglie Sonia, che l’aveva lasciato senza lacrime. Mario se n’è andato combattendo continuamente per se’, Chiara, per Macerata e per tutti coloro che l’amavano e che amava. Erano tanti. Ricordo la sua poesia scritta (pubblicata su ‘Pietro and friends’, Libero Paci, 2004; autori: Maurizio Lombardi e chi scrive; Pierino Bellesi editore) e la poesia visiva su P. Baldoni, il fotoreporter dalle ‘scelte giuste e coraggiose’. E la poesia dedicata a me quando lasciai, per avventure e sfide ancora piu’ meravigliose, Il Messaggero. Mi commosse ma da tempo mi ero convinto che quella ‘battaglia’ si era conclusa. Come la tua, Mario, ieri sera. Per sempre. Che ti sia lieve la terra e che questa Macerata dalla memoria labile e sempre piu’  grave rischio di perdita identitaria, voglia ricordarti.

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