Doveva essere ristrutturato per farci un albergo, ma i lavori non partirono a causa di problemi relativi alla bonifica delle cisterne del distributore di carburante
Un ricorso alla Procura della Repubblica e uno al Tribunale ordinario di Ascoli Piceno sulla situazione dell’ex Autostello Aci. Ricorsi intentati nei confronti dell’Eni dalla società Nova Acqualeo Srl, che nel 2006 è diventata proprietaria dell’immobile lungo la Statale 16, al centro di Porto d’Ascoli. L’Autostello venne aperto dall’Aci negli Anni Cinquanta: funzionava da motel. Poi passò a un privato che lo gestì fino a metà degli Anni 2000.
Nel 2006 fu acquistato dalla Nova Acqualeo Srl perché voleva realizzarci un piccolo albergo con camere e un piano dedicarlo agli uffici. Sul piazzale era rimasta la struttura della pompa di carburante dismessa. La Nova Acqualeo iniziò i lavori di riqualificazione, rimuovendo per prima cosa la tettoia del distributore.
Ma il cantiere fu stoppato in quanto l’Eni doveva eseguire la bonifica delle cisterne interrate. Una volta bonificato il sito fu interpellata l’Arpam per analizzare il terreno. Ma la società Nova Acqualeo rientrò in possesso dell’edificio solo nel 2018. Ed ecco i ricorsi in Procura e al giudice ordinario.
Cosa era successo? Secondo il ricorso della società Nova Acqualeo, nel momento in cui fu fermato l’inizio dei lavori di riqualificazione, fu fatto un accordo con i funzionari dell’Eni che avrebbe dovuto indennizzare la proprietà per il tempo in cui sarebbe stato fermo l’immobile: quindi per i mancati guadagni che sarebbero arrivati con l’albergo e gli uffici.
Ma l’accordo non fu firmato e nel tempo subentrarono nuovi funzionari che nulla sapevano dell’intesa. Insomma, nessun risarcimento alla Nova Acqualeo. Per vedersi riconosciuti i presunti mancati guadagni, la proprietà ha fatto causa all’Eni. E chiede più di un milione di euro.
Atto secondo. Le analisi del terreno dove c’erano le cisterne. La Nova Acqualeo ha presentato una denuncia penale alla Procura di Ascoli. Secondo la società ricorrente l’Arpam avrebbe analizzato il terreno alla profondità di 2,10 metri, ma le cisterne erano collocate a 4,50 metri, per cui le analisi andavano svolte sui campioni di terra a 5 metri di profondità.
Per accertarsi dello stato della bonifica del terreno, il giudice dovrà nominare un tecnico: il 20 ottobre è fissata un’udienza ad Ascoli in cui deciderà in merito all’incarico, soprattutto si dovrà stabilire a chi spetta l’onere di pagare il professionista.
