La Dogana nel Comune vecchio: “Operazione dannosa per la città”, l’affondo di Cardola (Azione)

“Mancano spazi idonei a svolgere le tante attività che caratterizzano una collettività come entità sociale e culturale”

Non piace ad Azione l’insediamento degli uffici dell’Agenzia delle Dogane nel palazzo del Comune vecchio di piazza Battisti, a San Benedetto del Tronto.

Afferma Luca Cardola di Azione nel Piceno: “Pochi giorni prima delle ultime elezioni municipali, l’ex sindaco Piunti sottoscrisse una convenzione con l’Agenzia delle Dogane che prevedeva la destinazione del vecchio municipio, in procinto di essere lasciato dai Vigili urbani, a nuova sede di un ufficio doganale, con un annesso fantomatico “Museo delle Dogane”. La notizia sembrava una boutade elettorale, che sarebbe stata certamente corretta dalla nuova amministrazione, data la sua palese insensatezza: ma evidentemente ci sbagliavamo, perché pare che al nuovo Sindaco questa strampalata idea sia piaciuta, cosa che lascia francamente costernati”.

Continua Cardola: “Chiunque conosce la storia amministrativa del nostro comune, sa perfettamente che una delle storiche debolezze della struttura comunale è costituita dalla mancanza di spazi idonei a svolgere le tante attività che caratterizzano una collettività come entità sociale e culturale: San Benedetto è un comune povero di beni immobili di proprietà, con tutte le limitazioni che ciò comporta. Da questo punto di vista il recupero – atteso da più di 30 anni – della vecchia sede comunale costituisce una occasione irripetibile per il miglioramento degli spazi a disposizione della collettività sambenedettese; e il PNRR era, ed è ancora, una occasione straordinaria per reperire i fondi necessari alla sua ristrutturazione.
Sarebbero bastate solo queste considerazioni per far recedere qualunque sindaco dall’idea così folle di dedicarlo a deposito di faldoni doganali, con giustificazioni tra l’altro risibili: si regala (letteralmente) ad un altro ente l’uso di un immobile pubblico per inserirci un po’ di uffici che non apportano nessun concreto vantaggio alla collettività ma, anzi, porteranno ulteriori problemi di traffico e di parcheggi nella zona più intasata della città”.

Ancora Cardola: “E’ vero che l’Agenzia delle Dogane si assume l’onere della ristrutturazione, liberando così il Comune, ma lo farà per le proprie finalità, con la conseguenza che quando l’immobile tornerà nuovamente al comune occorrerà rimetterci mano. La scelta è ancora più insensata se si considera che già oggi la stragrande maggioranza delle operazioni doganali avvengono per via telematica e vengono effettuate presso strutture poste al di fuori dei centri abitati. Il SOT operante presso il porto effettua già oggi un basso numero di operazioni e lo stesso Centro Agroalimentare ha qualche rilievo solo perché in esso è presente un operatore privato che assiste nelle procedure doganali. Di certo nessuna di queste strutture può aspettarsi un maggior traffico perché in città è presente un ufficio doganale. I vantaggi in termini occupazionali sono irrilevanti, mentre la giustificazione del “grande prestigio” che deriverebbe alla città di avere un banale ufficio doganale (già presente al porto) tradisce l’idea – novecentesca – di una città che si arricchisce per la semplice presenza della burocrazia: quanto di più lontano dal mondo di oggi, dove lo Stato è in prima fila nell’accorpamento e nella informatizzazione dei propri servizi. Di fronte ad uno scempio di queste dimensioni, ben si giustifica quindi la presa di posizione del Circolo dei Sambenedettesi che evidenzia come una scelta di questo genere costituisce la negazione della storia del nostro borgo, e che l’immobile in questione andrebbe ristrutturato con la ricerca di ogni fonte di finanziamento possibile, per poi diventare il punto baricentrico della vita sociale, culturale e turistica della città”.

Conclude l’esponente di Azione: “Ci auguriamo che l’Amministrazione comunale prenda coscienza dell’errore, e blocchi una delle operazioni più dannose per la città che si possano concepire, lasciando agli attori politici, istituzionali, sociali e culturali cittadini la decisione su uno dei pochi beni liberamente disponibili per l’ente, piccolo monumento alla storia cittadina, che non merita certo di diventare, per i decenni a venire, un deposito di scartoffie doganali”.

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