Monsignor Marconi ha partecipato alla conferenza “Le Opere di misericordia. L’importanza di rinnovare la Tradizione”
Venerdì scorso 6 dicembre a Recanati, Iustissima Civitas ha ospitato il Vescovo di Macerata Nazzareno Marconi, in occasione della conferenza dal titolo “Le Opere di misericordia. L’importanza di rinnovare la Tradizione”. Quello che, in apparenza, può sembrare un tema nebuloso o poco appetibile per un pubblico giovane si è subito rivelato molto più attuale e affascinante. Merito di Mons. Marconi che, in una lectio magistralis tra storia dell’arte e teologia, ha spiegato al pubblico l’importanza delle Opere di misericordia partendo da Caravaggio.
Il noto pittore, infatti, produsse già nel 1607 un quadro dal titolo “Sette opere di misericordia”, che Sua Eccellenza ha mostrato e spiegato nei più minimi dettagli, mostrando come le Opere di misericordia corporale (dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati e seppellire i morti) siano attività quotidiane e naturali per un cristiano.
“L’umanità può essere redenta attraverso l’osservanza dei comandamenti, dei precetti evangelici, dell’adempimento delle Opere di misericordia e mediante il dono della Grazia” ricorda il Vescovo di Macerata, ammonendo però di fare il bene senza fini umani o terreni che non siano il semplice Bene dell’altro. “L’uomo deve fare il bene per aprirsi a ricevere il dono della Grazia, ma la Grazia è dono gratuito, concesso da Dio all’uomo, perché operi il bene. Per cui la pratica caritativa diviene la più sincera e fedele manifestazione dell’insegnamento del Cristo”.
In chiusura di serata, riprendendo proprio la polemica che lo stesso Caravaggio intraprese contro le confraternite della misericordia di Napoli per le quali produsse il dipinto analizzato, Mons. Marconi ha anche criticato quella specie di “carità assistenzialistica”, che ha condotto al giorno d’oggi a una professionalizzazione della Carità, che è andata a intendere la Caritas e le Onlus come delle vere e proprie aziende e non, piuttosto, come un modo per incanalare positivamente lo spirito corale della carità.
“La carità verso il povero o il disagiato veniva praticata non con uno spirito cristiano evangelico, di condivisione e di attenzione rispettosa verso colui che aveva bisogno, ma veniva svuotata di questo senso cristiano e diventò solo una pratica di ‘sanamento sociale’, nel senso che il povero era visto non come un fratello bisogno di cure, prima di tutto da accogliere e con cui condividere la vita ed i beni che Dio ci dona, ma come un male sociale da cui liberarsi il prima possibile” conclude il Vescovo, riferendosi contemporaneamente sia alla carità seicentesca contestata nel dipinto, sia a una parte del mondo della carità laica di oggi.
