Frode da 18 milioni di euro nel food and beverage, arrestato anche noto imprenditore marchigiano

Ai domiciliari Claudio Recchioni, 52 anni, di Civitanova. L’indagine della Guardia di Finanza foggiana. Ecco come si operava

C’è anche un imprenditore civitanovese, Claudio Recchioni, 52 anni, uno dei maggiori operanti nel settore food and beverage marchigiano, tra gli arrestati di pochi giorni fa a seguito dell’indagine della guardia di Finanza foggiana. Accuse pesantissime delle Fiamme Gialle: complessa frode ai danni dell’erario attraverso meccanismi di elusione e evasione dell’Iva. Un sistema di società reali e fittizie tra Italia e Bulgaria, con il fine di mettere sul mercato merce a prezzi vantaggiosi perché non era stata pagata l’Iva attraverso un sistema false fatturazioni per operazioni inesistenti.

Agli arresti 8 indagati (e 4 società) tra Foggia, Roma e altre città: 3 in carcere, 5 ai domiciliari. Sono accusati a vario titolo di 20 capi d’accusa per fatti avvenuti nel capoluogo dauno, datati gennaio 2018-ottobre 2021: associazione per delinquere, autoriciclaggio, reati tributari. Il gip ha inoltre disposto il sequestro preventivo per equivalente di beni e disponibilità finanziarie per 18 milioni di euro, “corrispondenti all’ammontare dell’Uva sottratta all’erario e al profitto dei reati contestati” scrivono le Fiamme gialle nella nota stampa.

Nel lungo elenco ci è finito Claudio Recchioni, 52 anni, Macerata, con la sua Recchioni srl con sede a Civitanova Marche; secondo quanto sostiene l’accusa, Recchioni ha avuto il compito di distribuire le bevande attraverso il fittizio trasferimento alle società cartiere bulgare prima e quelle italiane poi. I fornitori effettuavano una prima cessione fittizia della merce mediante l’emissione di fatture per operazioni inesistenti (cessioni esenti da Iva in base al decreto legge 331 del 1993) e documenti di trasporto falsi, a favore delle due società cartiere costituite appositamente in Bulgaria, ma che sarebbero state amministrate da Foggia. Il passo successivo sarebbe stata una seconda fittizia cessione di merce da parte delle due società bulgare, sempre ricorrendo all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, a favore delle quattro società cartiere situate in Italia.

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