“Fermana scelta irrazionale ma nessun pentimento, dopo il ko con la Civitanovese due settimane faticose”

L’ultimo mister dei canarini Mirko Savini a cuore aperto parla dopo la retrocessione. Per lui otto gare ma senza miracolo dopo Bolzan e Brini: “Ho dato tutto me stesso”

di Lorenzo Attorresi


Mister, un collega alla prima intervista glielo chiese apertamente e noi riproponiamo la domanda adesso: “Chi gliel’ha fatto fare”?
“Le scelte le ho fatte sempre di pancia e in modo irrazionale, non mi pento di nulla. C’erano e ci sono state problematiche ma voglio parlare del percorso. Non si è chiuso bene perchè l’obiettivo non è stato raggiunto ma mi sono adattato mettendo da parte l’ “io” e il “vorrei”. Alla fine della mia esperienza anche io come tecnico ho tirato una linea. La media punti è oggettiva, però va contestualizzata. Come pure sono inconfutabili alcuni dati. Eravamo la squadra agli ultimi posti per passaggi chiave, per palle recuperate nella metà campo avversaria, per tiri in porta e per indice di pericolosità. Analizzando i miglioramenti, qualcosa abbiamo fatto… Io voglio fare questo mestiere”.

Abbiamo anche scritto: “Se accetti la Fermana in quelle condizioni poi non te la puoi prendere con nessuno…”
“Infatti, ed io non ce l’ho nemmeno con me stesso. So di aver dato tutto ciò che avevo, quando arrivi a casa sei tranquillo. Paura di essermi bruciato? No, la paura va affrontata e so che quello che posso valere. Lo dico senza presunzione. Questo viaggio è stata una esperienza importante, ad esempio fai esperienza quando ti capita di affrontare delle partite con 11 giocatori contati. Non so quel che succederà per me ora. L’occasione capiterà e la dovrò sfruttare”.

In cosa si sente arricchito?
“Nella preparazione della settimana, nella gestione del gruppo quando i risultati non vengono, nella preparazione del piano gara e degli allenamenti. Poi porterò dentro i personaggi, i magazzinieri, Chico, Loris e “Paciò” e quelli che stanno dietro le quinte. I rapporti umani sono importanti”.

Lei era sempre stato un professionista sia da calciatore che da allenatore, per la prima volta ha visto i dilettanti.
“Sicuramente è un calcio diverso, ma io volevo vivere ogni singolo momento. Il campo è sempre uguale, tutto quello che c’è fuori era nuovo. Non sono un folle, sono soltanto un appassionato. Per ripartire bisogna capire cosa c’è sotto per poi tornare sopra. Mi sono goduto tutto, anche i momento di difficoltà in una categoria che non avevo mai fatto. Mi dispiace non aver vissuto appieno il tifo. Mi ricordo bene quel derby con l’Ascoli che da giocatore vincemmo al Recchioni per 2-1. Della Fermana ho quella percezione lì, la città è ferita ma c’è voglia di rivivere certi livelli calcio e spero che si riesca a riorganizzarsi”.

Dopo la vittoria con l’Avezzano a quattro gare dalla fine il destino era tornato nelle vostre mani ma con Termoli e Civitanovese senza De Silvestro è stato complicato…
“Elio è mancato nel momento cruciale. Il problema è stata la gara con la Civitanovese. Non fu interpretata bene, ho sofferto per quello scontro diretto che abbiamo rovinato noi. La sconfitta ci ha stroncato”.

Qualcuno sostiene che a livello di nomi la Fermana non era da ultimo posto, secondo lei è corretto?
“Ce lo dicevano anche alla fine delle gare. Poi entrano dei meccanismi in testa. Quando sei in un vortice e devi rincorrere è durissima”.

La società era un po’ farraginosa?
“Ho pensato al campo, Michele Paolucci è stato sempre presente, il ds è importante perché c’è un contradditorio e ti può dare delle chiavi di lettura differenti, soprattutto quando subentri. Il dg Federico Ruggeri l’ho sentito ogni tanto telefonicamente, magari passava fugacemente agli allenamenti. Il direttivo era presente, Isidori, Ferroni, Faggio”.

La Civitanovese che vi ha battuti è la seconda marchigiana retrocessa ai playout, se l’aspettava?
“In primis la sorpresa è stata la grande cavalcata del Notaresco che a un certo punto sembrava spacciato e invece ha fatto un percorso eccezionale. La Civitanovese l’avevo vista a Teramo e con l’Atletico Ascoli già prima del mio approdo a Fermo. Dispiace per le Marche”.

Il suo ex collega Bucchi, invece, è stato fatto fuori dai playoff di C dalla Vis Pesaro ma si gode il rinnovo con l’Arezzo. Pentito di non essergli rimasto a fianco?

“No, perché per me era arrivato il momento di scegliere altro. Lo sentivo dentro ed è inutile far qualcosa controvoglia perché non staresti bene con te stesso. La partita secca dell’Arezzo persa con la Vis l’ho vista a sprazzi, quando si gioca ogni tre giorni non è semplice. I playoff di Lega Pro sono un mini-campionato impegnativo dove l’episodio incide e il doppio risultato può essere arma a doppio taglio”.

Lei e Bucchi faceste benissimo alla Maceratese in Lega Pro. A proposito, Rata tornata in D, ha visto?
“Sì, tramite i calci di rigore. Ottimo lavoro e grande entusiasmo. A Macerata arrivammo ai playoff per la B, fu davvero un bell’anno”.

Prima di accettare la Fermana fece una telefonata a Maurizio Domizzi, suo ex compagno al Napoli, o a Ilario Iotti, suo ex giocatore alla Triestina?
“A nessuno, perché sono un capoccione e quando decido deciso… Nonostante io abbia un bellissimo rapporto con entrambi…”.

A proposito di intrecci al Paok Salonicco sul finire dalla sua carriera fu allenato da Fernando Santos che pochi anni dopo da ct del Portogallo vinse l’Europeo con Cr7 nel 2016.
“Santos aveva una personalità mai vista, bastava guardarlo negli occhi. In rosa c’era pure Sergio Conceicao. A livello umano Santos era molto empatico anche se sembrava burbero. In Grecia c’era un calcio diverso, tatticamente si lavorava meno rispetto all’Italia. Lui ci diceva sempre tre concetti: vittoria, umiltà e sacrificio. Dopo due mesi volevo scappare, il portoghese non è lo spagnolo e c’era il traduttore era greco. In pratica non capivo nulla, meno male che con me c’erano anche Cirillo, Muslimovic, qualcuno che parlava italiano. Inizialmente non parlavo inglese, ma mi adattai e iniziai a studiare. Fu una esperienza superlativa, giocai anche le Coppe Europee. A tutti i ragazzi consiglio di fare un’esperienza all’esterno che non necessariamente deve essere nei paesi più importanti”.

E mister Savini dove si vede l’anno prossimo?
“Possibilmente allenare da inizio, riesci meglio a creare qualcosa di tuo e a dare un senso di appartenenza. Da subentrato è più difficile”.

redazione
Author: redazione

Potrebbe interessarti anche

                       

Articoli correlati

                       

Dalla home
VUOI RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO?

Iscriviti al nostro
canale telegram

Autore

I Più LETTI
DELLA SETTIMANA

I Più condivisi
DELLA SETTIMANA

 

Ultime NEWS