Il ricordo delle associazioni marchigiane: “Quanto vale la vita di una donna?“. Avviata una raccolta fondi a sostegno dei figli della 45enne
“Emanuela Massicci, uccisa brutalmente nella propria casa a Ripaberarda, è l’ennesima vittima di femminicidio, in un Paese che continua a piangere le sue donne senza mai proteggerle davvero”. Così inizia il comunicato delle associazioni marchigiane che ricordano la 45enne uccisa di botte dal marito Massimo Malavolta lo scorso 19 dicembre. Ieri, dopo le dimissioni dal reparto di psichiatria dell’ospedale di San Benedetto, l’uomo è stato trasferito in carcere a Marino del Tronto. Entro fine mese, è attesa la perizia sulla salute mentale dell’uomo, perizia che stabilirà se Malavolta fosse capace di intendere e volere al momento dell’omicidio ma valuterà anche la sua pericolosità sociale.
Domani (sabato 18 gennaio) è stata organizzata dal Comune di Castignano una fiaccolata per ricordare Emanuela. Il ritrovo è alle ore 18 nei pressi dell’abitazione di Emanuela in corso Sant’Angelo n.1, nella frazione Ripaberarda di Castignano dove si è consumata la tragedia. Il percorso proseguirà fino a piazza Santa Maria.
Inoltre, è stata avviata una raccolta fondi promossa dal Comune, con la collaborazione della Croce Rossa Italiana di Castignano e della Banca del Piceno, per sostenere i due figli di Emanuela.
Chiunque voglia contribuire a questa causa potrà farlo tramite il conto corrente IT55L0847469400000000114504 – intestato alla Croce Rossa di Castignano – inserendo come causale ‘sosteniamo Jacopo e Tommaso’. L’obiettivo è quello di dare ai due ragazzini le stesse opportunità dei loro coetanei. Le risorse raccolte saranno gestite dal loro tutore per garantire un futuro sereno e pieno di possibilità.
“Emanuela non è stata uccisa per errore, né per un raptus: – si legge nel comunicato delle associazioni marchigiane – è stata uccisa perché donna, perché immersa in una società che normalizza la violenza domestica, che non valorizza il lavoro dei centri antiviolenza (CAV) e che delega la sicurezza delle donne a un destino che si ripete tragicamente, giorno dopo giorno.
Ogni volta che una donna viene uccisa, ci affrettiamo a sottolineare il suo ruolo di madre, quasi a voler trovare una giustificazione che renda il crimine più grave, più inaccettabile. Ma Emanuela Massicci non doveva essere protetta perché madre. Doveva essere protetta perché persona. Perché la violenza di genere è una violazione sistematica dei diritti umani che non dovrebbe mai essere relativizzata o gradualmente digerita.
Questa narrazione non fa che perpetuare l’idea che una donna abbia valore solo in funzione di altre persone: come madre, come moglie, come compagna o come sorella. La morte di una donna non può pesare di più o di meno a seconda del ruolo che ricopre nella società o della sua “utilità” agli occhi di chi resta. Il femminicidio è una tragedia perché esiste”.
“Nel 2023, – continuano – più di 120 donne, persone trans e persone lesbiche sono state uccise in Italia per mano di uomini. Molte di loro avevano denunciato, molte di loro si erano rivolte ai CAV. Eppure, questi presidi di resistenza e cura sono lasciati in balia di fondi insufficienti e personale sovraccarico. Ogni euro non destinato al supporto di donne sopravvissute alla violenza maschile, ogni forma di delegittimazione dei centri antiviolenza, ogni richiesta d’aiuto ignorata da parte delle istituzioni e della società, ogni volta che la violenza maschile non viene riconosciuta e mistificata, è una complicità implicita nella morte di donne come Emanuela Massicci.
Il femminicidio, come il transicidio, non sono atti privati o un dramma familiare: sono crimini di Stato. Uno Stato che non investe nella prevenzione, che non educa alle relazioni sane, che non ascolta le voci di chi lavora sul territorio, si rende colpevole ogni volta che una donna e una soggettività marginalizzata viene assassinata.
Chiediamo giustizia per Emanuela Massicci. E per le persone che, in questo preciso istante, stanno vivendo nel terrore delle mura domestiche,o in solitudine nelle strade. È necessario un cambiamento strutturale che riconosca, finalmente, la violenza di genere come una priorità politica e sociale da affrontare subito. Ed un impegno collettivo che metta al centro le donne, le soggettività marginalizzate ed i loro bisogni.
Ricordiamo il Numero Verde Nazionale 1522 che risponde h24 alle richieste di aiuto e fornisce informazioni relative ai centri antiviolenza presenti nel territorio italiano. VOGLIAMO CONTARCI VIV3″.
(Comunicato congiunto di: Molto+di194 retefemminista Marche, Riottos3 collettiva transfem, Collettiva LiberəTuttə, On the Road Cooperativa Sociale, Trama di Terre – associazione interculturale di donne, Rete degli Studenti Medi Marche, Casa delle donne/sportello antiviolenza Jesi, Sportello antiviolenza Dalla parte delle Donne Senigallia, Associazione Artemisia-Fabriano, Donne e giustizia, Associazione Cante di Montevecchio, Polo 9 Coop.soc.., Il Faro Coop.soc., Nudm Transterritoriale Marche, Labirinto coop.soc).
