Sulla base dei dati delle vittime quasi nessuna si era rivolta a un centro antiviolenza
Alta l’attenzione sul tema della violenza sulle donne nel mese di novembre, ma nonostante questo le Marche sono state teatro di tragedie a porte chiuse. Prima Ilaria Maiorano, 41enne morta a seguito delle percosse inferte dal marito, poi Anastasiia Alashri, 23enne trovata senza vita in un trolley e infine quattro giorni fa l’omicidio di Maria Bianchi, 84 anni uccisa dal figlio (leggi qui).
A parlare è Margherita Carlini, psicologa e criminologa forense, operatrice psicologa presso il Centro Antiviolenza di Ancona e responsabile sportello a Recanati. “Per Anastasiia sembra essere stato un classico ultimo appuntamento – spiega la dott.ssa Carlini – è stata uccisa dall’ex perché ha tentato di staccarsi da una relazione maltrattante anche ricostruendosi una nuova vita. Nella storia della 23enne c’è stato un tentativo di distacco dalla relazione, mentre per Ilaria non era minimamente emersa una situazione violenta, ma un disagio dal punto di vista economico. Quest’ultima è una storia che lascia il rammarico perché coinvolti ci sono anche due minori e la donna da come viene descritta era molto vulnerabile che andava sostenuta di più. L’omicidio di San Severino Marche, sembra essere un delitto dettato da un problema patologico del figlio”.
Il femminicidio è un fenomeno tuttora in crescita e si consuma soprattutto, come in questi casi, tra le mura domestiche. “Il femminicidio continua ad esserci – commenta Margherita Carlini – aumentano anche le denunce e gli accessi ai centro antiviolenza, un aumento legato a una maggiore consapevolezza da parte delle donne nel rivolgersi a un centro antiviolenza. Sono sempre più le donne che chiedono aiuto consapevoli di essere vittime di violenza”.
In altri casi, c’è ancora la sottovalutazione di vivere in una situazione maltrattante, come nel caso di Ilaria Maiorano, e questo porta a situazioni più drammatiche. Ma come distinguere il normale conflitto da una violenza vera e propria? “Innanzitutto ogni volta che la donna verbalizza la paura – afferma la dott.ssa Carlini – perché molte donne ancora non vengono credute. Capire che si è davanti a una violenza attraverso l’identificazione di due paramenti: la paura e la disparità di potere tra uomo e donna“.
Ma il fenomeno della violenza delle donne si genera anche sotto altri aspetti. “Le situazioni che ci troviamo costantemente davanti – conclude – sono situazioni di maltrattamento in contesti matrimoniali e relazionali, ma ci capitano anche numerosi casi di ragazze non ancora maggiorenni che hanno subito forme di molestie e di violenze sessuali. Sulla base dei dati delle vittime di femminicidio, quasi nessuna donna aveva chiesto aiuto ad un centro antiviolenza. Per questo è fondamentale rivolgersi a un centro che supporta e crea una rete di protezione nei confronti delle donne che subiscono violenza”.