Dazi Usa, impatto sull’agroalimentare marchigiano

Scenari problematici per le aziende, secondo il Presidente di Cia Ascoli-Fermo-Macerata, Matteo Carboni. Particolarmente colpito il vino

Le cinque province delle Marche esportano verso gli Usa prodotti agroalimentari per complessivi 48.793.802, circa l’8% delle vendite dell’agroalimentare regionale, secondo l’Ufficio studi di Cia-Agricoltori Italiani che ha preso in esame i dati delle esportazioni di tutte le province italiane riferite al 2024, evidenziando come i dazi imposti dagli Usa metterebbero a rischio il settore agroalimentare di una provincia italiana su cinque.

Nelle Marche, scorporando il dato a livello provinciale, la più esposta è la provincia di Ancona che ha esportato per 15.453.050 euro, l’8% delle vendite dell’agroalimentare; segue Ascoli Piceno, il 10% delle vendite verso gli Usa per 13.307.527; Macerata con l’8% per 10.608.995; Pesaro Urbino il 7% per 7.895.382; Fermo il 6% per 1.528.848. “Sono tante le province piccole e rurali per le quali l’impatto sull’economia locale sarebbe maggiore rispetto ai territori più ricchi, che riescono a diversificare i loro sbocchi commerciali”, ricorda il presidente nazionale Cia, Cristiano Fini.

“Aspettavamo con apprensione il giorno in cui gli Stati Uniti avrebbero imposto dazi all’Unione Europea, ma già ne sentivamo le conseguenze da tempo”. È questo, in sintesi, il commento del Presidente CIA Ascoli-Fermo-Macerata, Matteo Carboni, alla decisione del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di elevare dazi su tutti i prodotti provenienti dall’UE.

Se si considera, in base ai dati CIA nazionali, che ogni dieci prodotti agroalimentari “Made in Italy” venduti nel mondo, uno è diretto negli Stati Uniti, “possiamo considerare un rapporto simile per il Made in Marche, con una particolare accentuazione per determinati settori. A nostro avviso, particolarmente colpito sarà l’export marchigiano di vino negli USA“.

Comunque, sottolinea il Presidente, la sola ipotesi che potessero essere imposti dei dazi “aveva già avuto delle conseguenze. La sola percezione del pericolo, infatti, aveva comportato una logica contrazione dei rapporti con gli Stati Uniti, per questo motivo auspichiamo che non si innesti, come invece potrebbe accadere, una reazione a catena di dazi reciproci ma si aprano dei tavoli di trattativa. L’export agroalimentare italiano nell’ultimo decennio è aumentato a livello globale da 28 a 70 miliardi, le Marche in proporzione hanno a loro volta quello americano come mercato di riferimento: una brusca frenata provocherebbe numerosi problemi, di tipo occupazionale e inflazionistico, se le merci destinate agli USA non trovassero altri sbocchi e restassero entro i confini nazionali”.

Auspichiamo – conclude il Presidente Carboni – che l’Europa eviti di muoversi in ordine sparso, perché è abbastanza evidente che i singoli Paesi soccomberebbero in una trattativa con gli Stati Uniti, mentre un’Europa unita riuscirebbe meglio a difendere i diritti dei suoi cittadini e delle sue imprese, ritrovandosi attorno a un modo condiviso di reagire alle forzature fatte dal Presidente americano”.

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