Secondo la Marinelli, si è progressivamente assistito a un depotenziamento delle strutture ospedaliere, in favore di una visione “baricentrica” e di deospedalizzazione, con un crescente spostamento delle cure verso la medicina territoriale e un’espansione del privato
La dottoressa Beatrice Marinelli, imprenditrice laureata alla Bocconi e dirigente tecnico del Comitato Pro Ospedali Pubblici Marche, denuncia con fermezza la deriva della sanità marchigiana, tra chiusure di ospedali, diseguaglianze territoriali e promesse politiche disattese. Il comitato Pro Ospedali Pubblici Marche è un’organizzazione nata nel 2018 per contrastare la chiusura degli ospedali e la progressiva privatizzazione della sanità nella regione. Il comitato ha unito diverse realtà territoriali già attive in difesa del servizio sanitario pubblico, in particolare dopo la chiusura dei 13 ospedali trasformati in strutture di comunità dalla giunta regionale guidata da Ceriscioli.
Secondo la Marinelli, si è progressivamente assistito a un depotenziamento delle strutture ospedaliere, in favore di una visione “baricentrica” e di deospedalizzazione, con un crescente spostamento delle cure verso la medicina territoriale e un’espansione del privato. “La giunta Acquaroli – sottolinea Marinelli – prometteva in campagna elettorale di tornare a una sanità più pubblica dopo anni di crescita della sanità privata e a una riapertura graduale, razionale e parziale dei tredici ospedali chiusi. Ma così non è stato. Solo Cingoli è stato riaperto e riqualificato nel piano socio-sanitario regionale varato nel 2023, da “casa della salute” innalzato ad “ospedale di base”. Altro ospedale particolarmente beneficiato di risorse ed interventi, è stato l‘ospedale di Pergola, destinatario di investimenti per oltre 40 milioni di euro, che hanno finanziato una modernissima piscina fisioidroterapica e due sale operatorie di classe ISO 5, cioè idonee per l’esecuzione di interventi chirurgici ad alta complessità e trapianti, i quali – a norma di legge – non possono essere svolti in un presidio ospedaliero piccolo e non adeguatamente attrezzato qual è quello di Pergola. Guardando al basso numero di abitanti di questi due paesini, al ristretto bacino di utenza che coprono, nonché alla vicinanza con altre strutture ospedaliere maggiori (Cingoli ha vicinissimo, anche l’ospedale di Jesi), le scelte di potenziamento delle strutture ospedaliere di Cingoli (comune di residenza dell’assessore Saltamartini) e Pergola (dove risiede l’assessore Baldelli), non sembrano dettate da buon senso o lungimirante programmazione politica, ma da mere logiche elettorali degli assessori della giunta Acquaroli“.

Inoltre critica è la questione dei codici di accesso nei pronto soccorso. “I dati mostrano che – sostiene la Mancinelli – i codici verdi e bianchi negli ospedali di primo livello sono mediamente tra il 40 e il 50% mentre i codici rossi tra il 3 ed il 5%: quindi la maggiore pressione sui pronto soccorso degli ospedali maggiori la fanno i codici gialli ed arancio, che non si smaltiscono con la tanto decantata medicina territoriale (sulle cui “nuove palazzine” cosiddette “nuovi ospedali” che tali non sono, si stanno investendo i fondi p.n.r.r.), bensì con la riapertura graduale, razionale e programmata dei 12 (su 13) ospedali chiusi dal centrosinistra di Ceriscioli e non riaperti dal centrodestra di Acquaroli. La medicina territoriale può risolvere, in parte, le problematiche dei codici bianchi e verdi, ma non può risolvere il grosso dell’ingolfamento dei codici giallo e arancio. Quest’ultima problematica si poteva risolvere riattivando gli ospedali chiusi, che andrebbero ad alleviare il sovraccarico nei pronti soccorso e le lunghe liste di attesa”.

La mancata riapertura di queste strutture ha causato un sovraccarico degli ospedali ancora attivi, con liste d’attesa interminabili e disservizi generalizzati. “Le liste d’attesa sono lunghissime – continua Beatrice Marinelli – gli accessi che prima rientravano nelle strutture ospedalieri che sono state chiuse ora gravano sugli altri ospedali. Per questo poi c’è l’enorme sovraccarico negli altri ospedali. Bisogna ripristinare all’interno degli ospedali chiusi le funzioni essenziali, fare una riapertura graduale e funzionale. Perché fare nuove strutture quando le strutture ci sono e bastava solo riorganizzarle?”.
“Andrebbero poi utilizzati meglio gli strumenti e i macchinari a disposizione negli ospedali pubblici – conclude Beatrice Marinelli – e andrebbe risolto anche il problema della carenza del personale che influisce sulle liste d’attesa. E’ opportuno fare corsi di gratifica e di crescita del personale interno per evitare che medici e infermieri fuggano dagli ospedali pubblici verso il privato. Questo sta accadendo perché il personale medico e sanitario non si sente gratificato né dal punto di vista economico, ne’ sotto il profilo delle condizioni di lavoro, molto più pesanti nella sanità pubblica”.
