Grandi firme, quelle che hanno fatto e fanno la storia della Stampa in Italia, hanno aderito trasversalmente all’appello del comitato “Giornalisti no Prelievo”
di Maurizio Verdenelli
E’ un tema che ci riguarda tutti da Pantelleria ad Aosta, passando (sissignori!) anche per Macerata, dove della cronaca è salita negli ultimi tempi, come noto, ai “disonori”: caso Oseghale e via elencando. Tutti, dunque, come cittadini fruitori dell’informazione e come cittadini informatori. Perché della tutela della garanzia pubblica delle prestazioni, si parla. E perché giornalisti non liberi economicamente rendono meno libero il sistema democratico. Lo scrive, oggi, Alessandra Spitz del comitato “Salviamo la previdenza dei giornalisti”, organizzato dall’associazione “Giornalisti No Prelievo”. Che, a questo proposito, ha come proprio script, il seguente: I pensionati sono donne e uomini fragili ma non fateli arrabbiare.
Già perché ieri, ancora una volta, si è evitato in extremis il commissariamento dell’Inpgi che pure quest’anno ha contabilizzato un deficit record: 253 milioni di euro, a causa sopratutto della crisi delle vendite in edicola. Parliamo di quella dei professionisti, perché la gestione separata Inpgi2 (di cui fanno parte i pubblicisti) ha registrato un attivo di 35 milioni di euro.

Grazie ad un emendamento alla Legge di Bilancio, del problema che mette in gioco il futuro della stampa nelle Marche come in Sardegna e dovunque, si occuperà il governo. Si preannunciano tuttavia lacrime e sangue con tagli retroattivi fino al 2007, delle pensioni, già congelate ed oggetto di prelievi triennali. Ed ecco, in tempi record, la raccolta di mille firme, tra le quali quella di chi scrive, già inviato speciale del Messaggero “per i Grandi Fatti dell’Italia Centrale”.
“In queste – scrive Alessandra Spitz – c’è tutta la storia del giornalismo italiano”. Ancora: “A scorrere l’elenco dei giornalisti stupisce non solo la quantità di firme illustri ma anche il fatto che le adesioni siano arrivate da testate di ogni colore politico e da colleghi con opinioni molto diverse e di ogni fascia d’età”. Direttori di importanti testate, tantissimi giornalisti in attività, ma anche pensionati illustri, sono in questi mille che tentano di salvare il Giornalismo italiano (che pure dovrà recuperare tempo perduto, ammettendo nell’era del digitale, d’aver fatto passi indietro, per ricominciare a farne molti avanti) e la libertà di stampa della quale si nutre l’opinione pubblica, a Macerata come a Caltanisetta.
Intanto quelle mille firme sono andate in calce ad una lettera-appello inviata al Presidente Sergio Mattarella, ma anche al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, all’Agenzia Onu per il lavoro (Oil) e ai parlamentari giornalisti e pubblicisti. Vorrei, a questo proposito citare, che iscritti all’elenco Pubblicisti furono (non so tuttora) i senatori Luciano Magnalbò (lui di sicuro, si’) e Mario Cavallaro, già pure deputato. Entrambi, a loro tempo, preziosi collaboratori della redazione maceratese del ‘Messaggero’, fucina di colleghi che si sarebbero poi illustrati in una valorosa militanza, ai vari livelli della’informazione.
Mi sia consentito citare a memoria dimenticando colpevolmente ma involontariamente tante/i altri altre/i colleghe/i: Emanuela Fiorentino, la indimenticabile Maria Grazia Capulli, Fulvio Fulvi, Laura Trovellesi Cesana, Dario Gattafoni, Andrea Barchiesi, Sandro Stacchietti, Luca Patrassi, Rosalba Emiliozzi, Alessandro Feliziani, Michela Avi, Giuseppe Bommarito, Ermanno Calzolaio, Elisabetta Mascellani, Elisabetta De Luca, Cristina Ruscitto e il carissimo Giancarlo Pantanetti, vice della redazione stessa.
L’appello dei Mille al Capo dello Stato (in cui si sollecita la garanzia pubblica delle prestazioni Inpgi) ha già ricevuto una prima indicativa risposta. Mattarella -ha fatto sapere il Quirinale- “è grato per l’invio e per la forma della missiva e si riserva le opportne valutazioni e iniziative per un approfondimento della situazione in atto”.
Il tempo, in effetti stringe: solo pochi mesi per salvare la previdenza dei giornalisti. Una questione che, ribadiamo, non interessa solo una categoria che certo vasta non è, ma tutti, dal “nostro” Adriatico al Tirreno. Manzonianamente, potremmo dire: “Ne va, ne va” …del nostro diritto di essere correttamente informati da colleghi liberi di svolgere una professione insostituibile in democrazia, soprattutto in questo buio che speriamo d’aver attraversato.
