Cinque anni dopo, il racconto di un’operatrice sanitaria in prima linea contro il Covid

Ma la battaglia non si combatteva solo in corsia

“È stato come svegliarsi in un incubo” – inizia così il racconto di Annalisa Strappini, operatrice socio sanitaria (OSS) Annalisa Strappini che lavora al reparto pneumologia dell’ospedale di Jesi nel ricordare il periodo della pandemia da covid che ha segnato per sempre la sua vita.

“Ricordo i primi pazienti che faticavano a respirare e il loro sguardo pieno di paura – continua a raccontare – ho impresso nella mente immagini difficili da dimenticare. L’ospedale ha dovuto adattarsi velocemente all’emergenza e i caschi per la respirazione, nonostante fossero scomodi, hanno salvato molte vite.”

Ma la battaglia non si combatteva solo in corsia. “Fu un periodo durissimo anche fuori dall’ospedale – racconta Annalisa – dopo turni estenuanti a contatto con la sofferenza, tornavo a casa e affrontavo un’altra realtà: la mia famiglia e i miei figli alle prese con le lezioni online. Era difficile per tutti.

La pandemia ha lasciato cicatrici profonde, anche a livello personale.Ho contratto il Covidconclude quando ero incinta di sette mesi. La mia preoccupazione era alle stelle, soprattutto per la creatura che stava crescendo dentro di me”. Un racconto di sofferenza, ma anche di resilienza. Perché dietro le mascherine e le tute protettive c’erano persone che hanno lottato con tutte le loro forze per salvare vite, anche mettendo a rischio la propria vita.

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