Il ragazzo è ricoverato all’ospedale di Torrette e lotta tra la vita e la morte a causa delle gravi ferite riportate
“In casa abbiamo sempre temporeggiato ed osteggiato l’acquisto di una moto da lui sempre desiderata. Dopo il diploma in chimica ed il quarto anno di fisica, abbiamo ceduto io e la mamma. Anche per motivarlo negli studi. Siamo a pezzi psicologicamente. A settembre avrebbe iniziato il quinto anno di fisica a Camerino, per ora rimandato”.
Sono quelle notizie che nessuno vorrebbe mai ricevere. Sia essa di un familiare o di un amico. Ancor più quando si tratta del proprio figlio. Logicamente poi durante la giornata una persona vive mille momenti, dallo stress della sveglia, alla fretta nel doversi vestire, correre al lavoro e tante altre sfaccettature che arricchiscono la giornata. Infilarsi sotto la doccia e sentirsi l’acqua scorrere addosso, con ogni probabilità, è considerato uno dei momenti più rilassanti di un’intensa routine quotidiana. In quei momenti si ripensa a tutta la giornata, o a quello che potrebbe accadere (se viene fatta di mattina).
Il peggio purtroppo è sempre dietro l’angolo, ancor più se ad interrompere il tutto è un campanello e alla porta ci sono i carabinieri. Vedere i militari in divisa sull’uscio della propria abitazione non è mai un buon segnale e la testa inizia a fare giri immensi, per poi tornare lucida (o quasi). Per le forze dell’ordine trovare le parole giuste in quei momenti è sempre difficile, soprattutto avvisare un padre che il proprio figlio sta lottando tra la vita e la morte a causa di un incidente con la moto.
Già, proprio quella moto che il padre insieme alla madre, non gli avrebbero mai voluto comprare. Ma come si fa a dire di no a un figlio? Come si fa a rinunciare alla felicità del proprio figlio per soddisfare l’ego personale? Eccolo accontentato Andrea. I risultati a scuola erano positivi e una due ruote roboante era un regalo più che meritato.
Si apre così la drammatica vicenda di cui si è ritrovato protagonista, a malincuore, Vittorio Riccio, padre di Andrea, un ragazzo di 25 anni che nel pomeriggio di ieri (mercoledì 21 agosto) è rimasto gravemente ferito in seguito a un violento incidente avvenuto con un’auto a Castelfidardo. Gli agenti locali più volte hanno provato a contattare Vittorio, ma con esito negativo. Allora i colleghi di Loreto si son recati presso la casa per dare la brutta notizia al genitore. “Non ci credevo – scrive il padre sul proprio profilo facebook – non lo accettavo, avevo il cuore che andava a mille. Mille pensieri, un senso di impotenza, di incredulità. Sono uscito di casa frastornato, distrutto, ma dovevo sapere. ‘Magari non sarà mio figlio’, cercavo di convincermi. Pensavo al peggio, vedere con i miei occhi mio figlio… Sono partito immediatamente. L’ignoto mi attendeva”.
Il traffico era intenso, i lampeggianti dei mezzi di soccorso accecavano i suoi occhi, ma oramai Vittorio era sul posto. “Mi fermo, accosto, riconosco la moto di mio figlio sopra un mezzo. Chiedo informazioni ai testimoni presenti e provo a sentire il parere delle autorità. L’impatto è stato violentissimo”. Le parole dei medici erano tutt’altro che confortanti, come riporta lo stesso Vittorio, ma l’unica sola cosa era importante in quel momento: Andrea è vivo.
Il bollettino medico è chiaro. Il ragazzo ha riportato diversi traumi gravi, ed è nel reparto di rianimazione intensiva. Era stato immediatamente sottoposto a un primo intervento invasivo. Ne dovrà affrontare un altro a breve.
Un figlio, volenti o nolenti, è la cosa più cara a cui un genitore possa tenere. Negare al proprio “piccolo” la felicità, soprattutto se questa comporta correre grossi rischi, è doloroso e allo stesso tempo difficile. I sensi di colpa sono il peggior nemico dell’uomo, e per un genitore accettare di aver accontentato il figlio con un oggetto, col senno di poi, “infernale” è una mazzata al cuore insormontabile. Ragionando a sangue freddo però, Andrea fino a quel momento era il ragazzo più felice del mondo a bordo di quella moto che aveva tanto desiderato. Ma quale genitore vorrebbe far vivere al proprio figlio una vita a metà?
