Bob Money, dall’arte tradizionale al digitale: il percorso di un artista che ha conquistato il mondo

L’intervista

di Gianmarco Gherardi

Siamo in compagnia di Bob Money (all’Anagrafe Roberto Quattrini) di Jesi, artista (pittore-scultore-musicista) pluripremiato a livello internazionale e motivo di orgoglio per la cultura artistica italiana. Iniziamo con il raccontare, come inizia la sua carriera, le tappe più significative e quelle che gli hanno lasciato dentro qualcosa a livello umano-artistico in particolare. Il suo racconto: “innanzitutto sono emigrato in Germania, dopo alcuni anni sono tornato in Italia e ho frequentato l’Istituto d’Arte Statale ad Ancona e contemporaneamente il Conservatorio di Pesaro, ecco perché sono sia musicista che artista figurativo. Finito l’Istituto d’Arte, con vari amici siamo rimasti in contatto con un’artista tedesca che si chiama Petra Lange, con la quale abbiamo incontrato il presidente (Passarini) di un’associazione che cura i bambini malati di tumore, decidendo di fare una mostra nel 2009. Eravamo 33 artisti, tra cui anche Ezio Bucchi e altri personaggi importanti e da lì praticamente è nato tutto, perché c’era un critico d’arte londinese che si chiama Chris Barlow il quale, vedendo quello che facevo, con una tecnica innovativa, che si chiama basso rilievo su tela, una sorta di scultura sulla tela fatta in modo che resista, essendo elastico il materiale, anche agli urti, decise di investire-scommettere su di me. E quindi, da lì iniziò il percorso, iniziammo con la fiera Chelsea Old Town Hall, una fiera importante di Londra, poiché mi portò con la sua galleria e poi da lì inizio a fare un tour negli Usa, sempre nel 2010, dove conosco il titolare dell’Opera Gallery di Miami, che decise di farmi entrare in una loro compagnia, di cui tutt’oggi ancora faccio parte e dunque, da lì è iniziato il tutto” – racconta.

“Invece, l’opera che mi ha tramesso e lasciato quel qualcosa in più rispetto alle altre è stata quella sulla Cosmogonia (in foto), ossia come varie civiltà-tribù intendono concepire la creazione dell’universo. É stata quella più decisiva e anche più impegnativa, proprio perché la scena e il materiale di pittura, una miscela che ho ideato io, sono una mia creazione e hanno degli impatti visivi molto forti verso il pubblico, e che per ciò, ho utilizzato più spesso di tutti– prosegue. “Precisamente, la più significativa è la cosmogonia egiziana, tra l’altro premiata con medaglia per le arti contemporanee dal Presidente della Repubblica; quella è stata la prima ma anche la più emozionante” – afferma.

“Tra 18 mesi circa sarai in pensione, ma prima di allora quali saranno i progetti che ti vedranno impegnato dall’attualità fino in futuro, come si stanno sviluppando e quali saranno i prossimi eventi?” Le sue parole: “per il 2026, ho un progetto insieme a un critico d’arte internazionale, che si chiama Giorgio Camarziani, di Roma, di fare una mostra tramite i collezionisti, sia privati sia fondazioni, su quello che riguarda l’antologica delle varie collezioni che ho fatto, saranno una decina di opere, riprenderò i pezzi più significativi che sono tutti di collezioni private e si farà a Palazzo Bisaccioni a Jesi, penso a giugno-settembre. Secondo me sarà un evento importante, perché, è la prima mostra che faccio nella città di Jesi e dunque, penso che ci sarà grande affluenza di pubblico” – sostiene. “Cambiando discorso, dicci come prende il via la decisione di cimentarsi nell’arte digitale coi NFT (Non fungible token)“.

La sua risposta: “E’ nata con la One Up Investing, essendoci stato il lockdown del 2020, la stessa da Lugano, con cui ci ho collaborato spesso, mi ha chiesto di iniziare a fare i disegni invece che su tela su lavagna digitale e questa collezione, che ho fatto un anno fa, ho deciso poi di metterla sulla piattaforma OpenSea, insieme a OpenSea e la casa d’aste Christis. Sono 26 disegni che parlano della Human extinction, ovvero dell’estinzione dell’uomo e del fatto che rimangono solo animali e luoghi totalmente e geneticamente cambiati e mi è anche piaciuto fare questa cosa” – continua. “Comunque, anche nella mostra a Jesi, ci saranno delle opere esposte proprio su questa collezione dice con grande soddisfazione. Prima di concludere Bob ci ha detto l’aneddoto sulla nascita del suo nome d’arte. “Nasce perché a Jesi di Roberto Quattrini c’erano cinque omonimi; è stato inventato quando ho fatto la mostra, al Caffè del Teatro a Jesi, perché era per un’esposizione a New Orleans, avevamo messo all’asta un po’ di opere e da lì è nato per caso il discorso del mio nome vero che volevamo sembrasse americano. Mi ricordo che, nacque da un ragazzo di Jesi che stava lì, forse un tale Marco Montanari” – dichiara concludendo.

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