Personaggio a tutto tondo, straordinario nella galleria del calcio tout court, dalla ‘caratura’ mediatica di Idris Sanneh e di suor Paola. Dopo l’Addio alle Armi per l’età, non ha mai smesso di essere vicina con il cuore alla squadra della sua città. Il ‘rimprovero’ al fisioterapista Sante Rossetti per aver lasciato la Maceratese passando nell’ultima stagione, agli eterni rivali della Civitanovese
“Sono Bice, la Supertifosa” disse sedendosi davanti alla mia scrivania al ‘Messaggero’. Al suo fianco o meglio al solito lievemente indietro l’onnipresente e docile marito Benito Iommi. Bice, al secolo Marinozzi Beatrice – la figura dantesca poteva essere fuorviante nel suo caso – appariva ed era, una perfetta donna di casa, tipo Sandra Mondaini. Tuttavia quell’eleganza sobria ma precisa, messa in piega sempre in ordine nascondevano una personalità vulcanica, una voce tonante, uno spirito napoleonico che si esaltava in ogni campo dove giocasse la Beneamata Maceratese. Era lei la Zarina del tifo biancorosso che lanciava con la sua potente voce da ultrasoprano ogni volta la carica vincente, ammonendo eventuali riottosi.
Non ricordo il problema che lei mi sottopose quel giorno di tanti anni fa ma, si’! il fuoco degli occhi e la ‘loquela’ che tanto sarebbe piaciuta a Mario Affede e al suo ‘concittadino’ (delle Casette) Pietro ‘Briscoletta’ Baldoni, fotoreporter del giornale che me la fece conoscere.
Davanti a Bice non riuscii a mentire: lei aveva gia’ intuito con crescente sospetto che non fossi del ‘posto’. Cosi rivelai i miei ‘precedenti’ di tifoso del Perugia in odio alla Maceratese (stagione del passaggio in B del Grifone dopo una spasmodica sfida), la supersquadra di Turchetto&Dugini proprio in quell’anno in cui lei, Marinozzi Beatrice si era meritata i gradi di Supertifosa. E noi studenti liceali a Perugia ci dovevano sorbire ogni lunedì le cronache inneggianti ai successi biancorossi (stagione 66/67) su ‘La Gazzetta dello Sport’ che sorriso sulle labbra la morte nel cuore, eravamo costretti a leggere dal nostro docente di Italiano, prof. Nello Carini supertifoso maceratese (e dai!).

Alla ‘confessione’ Bice resse bene: apprezzò la mia sincerità. Ed io la nominai da quel giorno in poi sul ‘Messaggero’ e su tutti gli altri giornali su cui avrei scritto: Bice la Pasionaria. Era davvero un personaggio straordinario al pari di quelli che Fabio Fazio su ‘Quelli del calcio…’ andava scoprendo: Idris Sanneh dal Gambia con amore a Torino (Juventus) e suor Paola dal convento all’Olimpico di Roma (cfr Lazio).
La Pasionaria ha continuato a guidare per 40 anni le curve biancorosse -sempre nel vivo ‘della battaglia’, mai nelle comode tribune – fino all’era Tardella, ‘sacerdotessa’ firmatissima del laico rito dello spargimento di sale nella rete. E naturalmente incurante di ogni rischio e pericolo tra cui una ‘diffida’ ed, ahinoi, pure un daspo (tra le prime se non la prima in Italia) lungo 6 mesi che le fece saltare purtroppo nel giugno 1996 la storica finale di Livorno. Per il resto poco male: la presidenza biancorossa le procurò in quei semestre daspato una comoda poltrona bianca da dove su aereo poggio dominante l’Helvia Recina non ancora ‘Pino Brizi’ in corrispondenza della curva sud, come un allenatore squalificato la Zarina di tutti i campionati continuò a lanciare le sue alte grida di battaglia. Guai a non ubbidire alla Supertifosa alias La Pasionaria! Con tutti usava il suo noto, tradizionale dialetto ‘pistacoppo’. Con me invece era forbitissima (proprio cosi’). La ricordo durante una partita Jesina Maceratese (0-2, allenatore Trillini). La intervistavo naturalmente e lei sembrava…l’Accademia della Crusca. A sentirla parlare così improvvisamente sbiancò Benito: “Bice, ti senti male?”. E lei in un orecchio: “Non vedi? c’è quel giornalista che non è di qui, non capisce il dialetto nostro”.

Macerata per lei era davvero il Centro del Mondo.
Passato dalla Maceratese alla Civitanovese, in quest’ultima stagione, il fisioterapista Sante Rossetti (2.000 ed oltre panchine) si è sentito rimproverato aspramente da Bice: “Sante da te questo non me lo sarei aspettato. Proprio a Civitanova?! Guarda, era meglio fossi andato a Passo di Treia!”. Inutile ogni pur legittima ‘giustificazione’ da parte del bravissimo massaggiatore che aveva ‘tradito’ la Causa biancorossa. L’ultima volta l’ho incontrata, Beatrice, madre (2 figlie) e nonna amorevolissima nel ‘suo’ borgo Cairoli: le ‘Casette’ ossia ‘er core’ ancora pulsante di quella che fu ‘Macerata granne’ di cui fu pure Zar Pietro il Grande (Luciano Magnalbo’ dixit) il sopracitato Baldoni alias ‘Briscoletta’ supertifoso anch’esso ed altro ancora. Mi spiegò, Bice, il proprio personale Addio alle Armi. “Allo stadio non vado più per prescrizione medica: troppo stress, gli anni passano. Ogni domenica sento però la radio…”. Quegli occhi, quell’anima biancorossa/pistacoppa sempre dentro.


