di Cristiano Pietropaolo
I numeri sono chiari. In Italia mancano dalle 150 alle 250 mila unità lavorative nel settore della ristorazione e del turismo. Un dato preoccupante che mette in difficoltà chi lavora in un comparto fondamentale per l’economia italiana.
Daniele Fabiani del ristorante “Vittoria” ad Ascoli Piceno e presidente “FIPE” sottolinea che “dovendo fare una lettura delle variabili, una buona parte è dovuta ad una riconversione. Molte persone si rendono conto che ci sono lavori che permettono di avere giornate libere nel fine settimana. Un altro fattore è dato dal numero crescente di attività che aprono nel settore, con la formazione scolastica spesso non sufficiente per sopperire a nuovi lavoratori. – spiega – I dipendenti andrebbero pagati molto di più, ma l’imprenditore deve far quadrare i conti: il costo del lavoro è un fattore importante. Spesso gli orari non sono fissati, visto che spesso il cliente può stare a tavola più del previsto, prolungando l’orario del lavoro del dipendente, cosa che spesso è frustrante – prosegue – Ci sono grandi possibilità di crescita in questo settore, aspirando a posizioni lavorative più importanti, così come è vero che il dipendente, ad oggi, con domanda e offerte diverse, può scegliere dove andare. Se un posto è ritenuto sottopagato, si può cambiare. Spero che ci siano dei cambiamenti a livello formativo. Come Confcommercio facciamo corsi di caffetteria e gelateria insieme alla Federazione Italiana Cuochi, riuscendo ad accogliere tanti interessati che riusciamo, attraverso iniziative, a formarli per inserirli. Bisogna riuscire a trovare una risposta”.
Giacomo Sacripanti, del ristorante “Il Capriccio degli Dei”, sempre nel capoluogo piceno, spiega che “Le difficoltà principali sono diverse. E’ difficile trovare personale sia per le cucine che per il servizio di sala. C’è poca formazione ma i giovani sono poco interessati ad iniziare una carriera lavorativa. Noi proponiamo affidabilità, uno stipendio congruo ma di più non si può fare. La politica? Non so quanto può intervenire visto che ci sono molte difficoltà. Serve un ricambio generazionale e la scelta dei giovani forse, ultimamente, ricade in lavori più creativi e meno manuali. Il nostro settore non soffre la crisi, perché le persone escono ancora a cena fuori”
“Forse, in questo momento, i giovani non hanno voglia di lavorare il sabato e la domenica, che sono i giorni di maggior flusso. Forse questo è il problema maggiore. E’ un lavoro di sacrificio e oggi loro non sono portati a farlo. Le cose sono molto cambiate. Io a 15 anni già lavoravo nei ristoranti e mi facevo la paghetta da usare durante la settimana, ma i giovani di oggi, questa cosa non la sentono” conclude Giuliano Bachetti de “La Locandiera”.