L’uomo era nato a Foggia ma Pesaro è sempre stata la sua città di adozione
Non era dotato della classe cristallina di “Sugar” Ray Leonard, l’unico, in tutta la sua carriera che lo mise al tappeto e nemmeno del pugno illegale di Roberto Duràn, “mano di pietra” che tuttavia, nel mitico Caesars Palace di Las Vagas, riuscì ad imporsi soltanto ai punti. Luigi Minchillo però era un combattente nato e non a caso era definito “il guerriero del ring”, per quelle doti da lottatore che non lo hanno abbandonato mai, negli 11 anni da professionista o anche nelle sue esperienze da Dilettante, Olimpiade di Montreal compresa. Era nato in provincia di Foggia nel 1955 ma aveva eletto Pesaro come sua città di adozione, dove tra l’altro nel ’79 si laureò campione italiano dei Superwelter.
Successivamente fu un “rossiniano” crescendo con il titolo europeo, difeso alla Wembley Arena e con la possibilità della cintura iridata a Detroit contro un campionissimo come Thomas Hearns. Fu un duello rusticano, con ferite reciproche prima del verdetto unanime, favorevole allo statunitense. Ci provò, a salire sul tetto del mondo anche con Mike Mc Callum a San Siro e si arrese alla tredicesima ripresa per KO tecnico. E’ morto per aneurisma all’Ospedale San Salvatore, nella “sua” Pesaro, dove aveva anche aperto una palestra lasciando splendidi ricordi: se n’è andato uno degli ultimi testimoni di un pugilato ormai in via di estinzione.